Con l’allegata circolare n. 10 dell’11 luglio 2018, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito, anche ai fini di uniformare l’attività degli organi di vigilanza, le indicazioni operative, condivise con il Ministero del lavoro, l’Inps e l’Inail, in merito alla ipotesi in cui, nell’ambito di un appalto non genuino, siano riscontrate inadempienze retributive e contributive nei confronti dei lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto medesimo.
Preliminarmente, l’INL ricorda che, in virtù della depenalizzazione del regime sanzionatorio, le ipotesi di appalto privo dei requisiti previsti dall’art. 29, comma 1 del D.Lgs. n. 276/03, integrano attualmente un illecito amministrativo per il quale trova applicazione la sanzione amministrativa di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro sia nei confronti dello pseudo appaltatore che nei confronti del committente/utilizzatore.
La suddetta misura sanzionatoria esclude la possibile applicazione delle sanzioni per lavoro nero e delle altre sanzioni amministrative legate agli adempimenti di costituzione e gestione del rapporto di lavoro; in tali ipotesi, infatti, sussiste una tracciabilità del rapporto di lavoro e dei connessi adempimenti retributivi e contributivi, anche se riconducibili ad un datore di lavoro che non è l’effettivo utilizzatore delle prestazioni.
Fermo restando quanto sopra, sul piano dei recuperi retributivi connessi all’accertamento di un appalto illecito,la circostanza che il lavoratore sia considerato dipendente dell’effettivo utilizzatore della prestazione non è automatica, ma è subordinata al fatto costitutivo dell’instaurazione del rapporto di lavoro su domanda del lavoratore (cfr. Cass. sent. n. 25014/2015).
Pertanto, ai fini dei recuperi retributivi, in assenza della costituzione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore per effetto del mancato esercizio dell’azione di cui all’art. 414 c.p.c. – al di fuori dell’ipotesi di imputazione automatica del rapporto di lavoro, ex art. 38, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015 – il provvedimento di diffida accertativa potrà essere adottato esclusivamente nei confronti dello pseudo appaltatore ex art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004 in relazione, quindi, alle retribuzioni non correttamente corrisposte in ragione del Ccnl dallo stesso applicato.
Con riguardo ai recuperi contributivi, tenuto conto che ai fini previdenziali rileva il rapporto tra l’Inps e il datore di lavoro effettivo (cfr. Cass. Sent. n. 20/16 e n. 463/12), “gli obblighi di natura pubblicistica in materia di assicurazioni sociali, una volta accertato che la prestazione lavorativa è resa in favore dell’utilizzatore – che si configura, pertanto, quale datore di lavoro di fatto – gravano per l’intero su quest’ultimo“.
Per quanto sopra, il personale ispettivo procederà prima alla quantificazione dell’imponibile contributivo dovuto per l’esecuzione dell’appalto avendo riguardo al Ccnl applicabile e quindi al recupero sul committente/utilizzatore, “fatta salva l’incidenza satisfattiva dei pagamenti effettuati dallo pseudo appaltatore che verrà chiamato ancora in causa, non potendosi ritenere estraneo alle vicende accertate, nel caso in cui non vada a buon fine il recupero contributivo verso l’utilizzatore.
Tale impostazione, che trova conforto nella sentenza n. 254/17 della Corte Costituzionale in riferimento alla responsabilità solidale ex art. 29, co. 2 del D.Lgs. n.276/03, si applica anche nei casi di affidamento dell’esecuzione dell’appalto da parte del consorzio a società consorziata.
33292-INL Circolare-n-10-del-11072018.pdfApri