Nella seduta del 15 marzo scorso in Aula della Camera si è svolto il Question time alla presenza del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la quale ha risposto, in particolare, alle seguenti Interrogazioni:
La Presidente, nella risposta, ha evidenziato tra l’altro che:
-Da più di un decennio, l’opinione pubblica e la politica italiana dibattono sulla natura del MES, un fondo che ha esercitato la sua funzione pochissime volte da quando esiste, sebbene abbia una dotazione finanziaria molto importante. La riflessione che secondo me si impone, prima di qualunque altra, oggi, è esattamente questa: l’Italia, finché ci sarà un Governo guidato dalla sottoscritta, non potrebbe mai accedere al MES.
Temo che non accedano neanche gli altri, come nessuno ha pensato di accedere al MES anche quando è stata immaginata una linea di credito durante la pandemia che aveva, sulla carta, delle condizionalità inferiori a quelle di partenza. Perché? Perché quando lo strumento è stato istituito aveva ovviamente delle condizionalità molto stringenti, perché nasceva in un periodo nel quale la linea predominante era quell’austerità che al tempo tutti rivendicavano e sulla quale, poi, molti si sono dovuti ricredere perché, purtroppo, ha colpito soprattutto chi era in maggiore difficoltà.
-Ha senso continuare a ragionare di uno strumento che, così configurato, purtroppo, non verrà ragionevolmente utilizzato, benché vi siano diversi miliardi che ogni Stato nazionale deposita nel fondo? Io non so quanto non sia piuttosto sensato interrogarsi sull’efficacia di questo strumento. Allora, ho letto un’interessante dichiarazione del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, storicamente grande sostenitore dello strumento del MES, che dice testualmente: Se noi riteniamo che il nuovo regolamento sul MES non sia nell’interesse nazionale del Paese, che non sia un fondo adeguato per affrontare le sfide, allora dovrebbe essere il momento per discutere di usarlo come uno strumento di politica industriale europea.
Perché il tema, secondo me, è esattamente questo, il tema è che l’Europa potrà affrontare le sue sfide future se riesce a fare sistema, proiettandosi verso una politica di sviluppo comune, e la proposta di Confindustria è una proposta che viene presa seriamente in considerazione da questo Governo.
La Presidente, nella risposta, ha evidenziato tra l’altro che:
-i colleghi pongono un tema molto interessante perché, effettivamente, le recenti dinamiche dei mercati bancari e finanziari, che sono ripercorse, disegnano uno scenario che da parte del Governo merita la massima attenzione. È evidente come il processo di innalzamento dei tassi di interesse voluto dalla Banca centrale europea produca fisiologicamente un aumento degli utili da commissioni bancarie, anche perché i recenti dati sul mercato del credito mostrano che, a fronte di un aumento dei tassi, più o meno, del 2,5 per cento in sei mesi circa, il costo medio degli interessi per le imprese e le famiglie è cresciuto pressoché simmetricamente, anche se va detto che i rendimenti riconosciuti sui depositi bancari, nello stesso periodo, sono saliti in misura sensibilmente inferiore.
-Ora, ovviamente, la complessità della situazione richiede gli approfondimenti opportuni. Io credo che sia necessario partire, per esempio, dalla necessità di approfondire quei casi nei quali norme discutibili potrebbero aver finito per favorire improprie rendite di posizione. Non me ne vogliano gli interroganti, ma è, per esempio, il caso del superbonus, perché la norma, che nasceva da un presupposto condivisibile, come mettere in moto l’edilizia e mettere in moto l’economia, è stata poi messa in campo in un modo tale da aver prodotto conseguenze per affrontare le quali il Governo attuale lavora da mesi.
-Quello che voglio dire è che la norma ha anche consentito la proliferazione di un mercato opaco e non governato di circolazione dei crediti fiscali, a tutto vantaggio non delle imprese, che quegli interventi avevano realizzato, e per i quali oggi, giustamente, reclamano il pagamento, ma dei vari intermediari, anche finanziari, intervenuti a raccogliere questi crediti con un prezzo a sconto sul valore nominale, lucrando sul differenziale poi portato all’incasso con l’erario. Quindi, sì, occorre intervenire per garantire, come in parte abbiamo fatto e come continueremo a fare, il riassorbimento dei crediti fiscali ancora in circolazione particolarmente da parte del sistema finanziario, stando attenti a evitare che anche questo si possa tradurre in una occasione per lucrare impropriamente su rendite di posizione. Quindi, sì, siamo pronti ad adottare ogni misura richiesta dalla necessità di prevenire o correggere squilibri come quelli che sono stati generati da norme che gratuitamente hanno consentito le distorsioni prodotte.
La Presidente, nella risposta, ha evidenziato tra l’altro che:
-il tema della riforma fiscale è una delle priorità alle quali il Governo lavora. Noi siamo convinti che la riforma fiscale costituisca un fattore fondamentale per il rilancio della nostra economia, per incoraggiare gli investimenti e l’impresa e per assicurare maggiore ricchezza e benessere ai lavoratori. Per questo io sono lieta di annunciare, in risposta agli interroganti, che la legge delega di riforma fiscale verrà portata al Consiglio dei ministri di domani.
-I principi cardine di questa riforma sono fondamentalmente tre: riduzione della pressione fiscale che grava sui cittadini e sulle imprese di questa Nazione; un nuovo rapporto tra lo Stato e il contribuente, che non sia più un rapporto vessatorio, ma un rapporto paritetico e collaborativo e una reale lotta all’evasione fiscale, posto che le misure adottate finora, dati alla mano, non sembrano aver sortito grandi effetti.
-Un asse portante della delega fiscale sarà la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche, con progressiva riduzione del numero di aliquote Irpef e l’obiettivo di un minore carico fiscale per tutti i contribuenti, con particolare attenzione ai redditi medio-bassi e tenendo conto della composizione del nucleo familiare.
Un altro tassello del disegno di riforma riguarderà la riforma complessiva dell’Ires, l’imposta dei redditi sulle società; dal 1° gennaio 2024 entrerà in vigore la Global minimum tax, che è l’imposta globale minima per le multinazionali, con aliquota effettiva al 15 per cento;
-noi riteniamo prioritario intervenire per riformare i procedimenti dell’amministrazione finanziaria e semplificare l’intero sistema fiscale. Siamo convinti che questo approccio, insieme alla riduzione della pressione fiscale, sia il più efficace per ridurre il livello di evasione fiscale.
La Presidente, nella risposta, ha evidenziato tra l’altro che:
-intervenire per fronteggiare il fenomeno del lavoro povero è inevitabilmente una delle priorità alle quali questo Governo lavora, perché l’Italia è l’unico Paese OCSE nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito, mentre nel resto dell’Occidente cresceva.
-in un contesto come quello italiano, che è caratterizzato da una elevata copertura dalla contrattazione collettiva e da un elevato tasso di lavoro irregolare, il Governo non è convinto che la soluzione sia la fissazione di un salario minimo legale e spiego banalmente perché. Perché, a mio avviso, io mi interrogherei sull’ipotesi che il salario minimo legale possa diventare non un parametro aggiuntivo delle tutele garantite ai lavoratori, ma un parametro sostitutivo, un parametro unico, e nel nostro sistema un parametro di questo tipo rischierebbe, per paradosso, di creare per molti lavoratori peggiori condizioni di quelle che hanno oggi e di fare, per paradosso, un favore alle grandi concentrazioni economiche, alle quali conviene rivedere al ribasso i diritti dei lavoratori.
Link al resoconto in corso di seduta
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