Si è svolta l’11 aprile l’audizione Ance presso la Commissione Finanze del Senato sul DL 39/2024 recante misure urgenti in materia di agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119 e 119-ter del DL n. 34/2023, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 77/2020, altre misure urgenti in materia fiscale e connesse a eventi eccezionali, nonché relative all’amministrazione finanziaria (DDL 1092/S).
La Presidente Federica Brancaccio ha ricordato, in premessa, che sin dai primi mesi di applicazione del Superbonus, l’Ance ha sottolineato la necessità di poter disporre di un’osservazione continua dell’andamento dell’agevolazione fiscale, con particolare riferimento al numero e al valore delle autorizzazioni presentate, dei cantieri avviati e di crediti fiscali utilizzati o incagliati nonché al costo per la finanza pubblica. L’Associazione condivide quindi le norme che prevedono l’introduzione, seppur tardiva, di un monitoraggio del valore dei cantieri Superbonus in corso in Italia, previsto dal provvedimento all’esame della Commissione.
Tuttavia, ciò che desta perplessità è l’intervento, per l’ennesima volta, sulla disciplina del Superbonus e dei bonus in edilizia, con misure anche a carattere retroattivo.
Tra queste, particolarmente critica è l’eliminazione della possibilità di optare per la cessione del credito e per lo sconto in fattura, nei casi in cui era ancora consentita in base a quanto previsto dall’art.2 del DL 11/2023, convertito in legge 38/2023.
Pur comprendendo la necessità di salvaguardare i conti pubblici, tale ulteriore stretta rappresenta l’ennesima modifica in corso della normativa che colpisce, con effetti retroattivi, famiglie e imprese, bloccando interventi di riqualificazione già avvitati.
Le nuove limitazioni, infatti, non incidono solo sugli interventi da avviare, ma coinvolgono anche una serie di situazioni “in corso” che si erano legittimamente venute a creare a seguito delle deroghe introdotte lo scorso anno.
I nuovi vincoli impattano sia sui soggetti, come gli enti del terzo settore e gli IACP che potevano accedere alle opzioni per lo sconto in fattura e per la cessione del credito senza alcuna condizione, sia sugli altri, come i condomini, che potevano accedere alle suddette opzioni, in presenza di delibera assembleare, ove necessaria, e CILAS, o altro titolo abilitativo, presentato prima del 17 febbraio 2023.
Allo stesso modo, il Decreto Legge incide anche sulla ricostruzione degli immobili danneggiati dal sisma e dagli eventi metereologici dello scorso settembre 2022, limitando l’accesso alle opzioni solo per alcune regioni e limitatamente alle risorse di un fondo appositamente istituito.
In particolare, per i soggetti che potevano ancora usufruire di queste modalità alternative di fruizione dei bonus, oltre al requisito della presentazione della CILAS, o della richiesta del titolo abilitativo entro il 17 febbraio 2023, viene ora imposta un’ulteriore condizione, legata al sostenimento di qualche “spesa, documentata da fattura, per lavori già effettuati” entro il 30 marzo 2024.
Così come scritta, la norma incide pesantemente sulla posizione di tutti quei soggetti che, pur avendo avviato i lavori, non avevano ancora sostenuto spese o ricevuto fatture al 30 marzo scorso, nonché di quelli che, a tale data, avevano già pagato acconti ma dovevano ancora iniziare l’intervento già concordato e autorizzato dal punto di vista edilizio-urbanistico.
Nello specifico, da un lato vengono colpite tutte le imprese esecutrici che, sulla base degli appalti a loro affidati e delle CILAS presentate, avevano comunque già provveduto ad effettuare le operazioni propedeutiche all’avvio degli interventi, concludendo accordi vincolanti per l’acquisizione di beni e servizi o con i professionisti e i tecnici coinvolti nell’operazione.
Dall’altro lato, il nuovo assetto riguarda anche tutti i beneficiari delle detrazioni che, pur avendo avviato i lavori al 30 marzo, non avevano ancora pagato alcuna spesa, in attesa di raggiungere la percentuale minima di esecuzione dei lavori (30%) richiesta dalla disciplina del Superbonus per l’emissione del primo SAL, funzionale allo sconto in fattura e alla cessione del credito.
Per tutti questi soggetti, viene oggi cancellata la possibilità di optare per la cessione del credito e per lo sconto in fattura, in relazione a lavori già autorizzati da provvedimenti edilizi validamente presentati da oltre 1 anno ed oggetto di pattuizione contrattuale, con previsione delle forme alternative di utilizzo dei bonus.
È evidente che la nuova normativa metterà a serio rischio l’equilibrio economico delle operazioni di recupero energetico ed antisismico dei fabbricati, provocando un nuovo blocco dei cantieri, a danno di famiglie e imprese, senza trascurare l’insorgere di contenziosi tra condomini e operatori economici nonché tra questi ultimi e i rispettivi fornitori.
Pur comprendendo l’intenzione del Governo di colpire le cd “CILAS dormienti”, presentate da oltre un anno solo per conservare il diritto alla cessione del credito, occorre salvaguardare tutti i lavori per i quali, al 30 marzo, siano stati già assunti impegni di spesa riferibili ai contratti d’appalto stipulati anteriormente a tale data.
A tal fine, occorre intervenire su quanto previsto dall’art.1, comma 5 del DL, ammettendo le opzioni per la cessione del credito e per lo sconto in fattura anche se i lavori non siano stati materialmente avviati al 30 marzo 2024, ma a tale data siano state comunque sostenute spese o dai soggetti beneficiari o dalle imprese e fornitori per acquisire beni o servizi inerenti ai lavori da realizzare.
Per quel che riguarda, poi, gli interventi sugli immobili posti nei territori interessati dagli eventi sismici, appare necessario estendere la deroga, al momento prevista per il sisma de L’Aquila del 2009 e per quello del Centro Italia del 2016, a tutti i territori colpiti, anche recentemente, da eventi sismici o alluvionali a partire dal 2009 (nelle regioni Emilia Romagna, Campania, Molise e Sicilia).
L’esclusione di alcuni territori dai fondi stanziati dal decreto va a colpire l’intero processo di ricostruzione di quei territori, considerato che molti interventi, seppur non avviati, erano stati comunque già programmati e resi fattibili proprio grazie alla possibilità di utilizzare questi strumenti alternativi alla detrazione. Così si rischia una pericolosa battuta d’arresto dei lavori, in zone in cui la ricostruzione in chiave antisismica rappresenta una priorità.
Inoltre, con l’obiettivo di prevedere un trattamento omogeneo tra le diverse regole che governano i diversi processi di ricostruzione dei territori, appare opportuno prevedere che la deroga prevista per gli interventi di ricostruzione sia garantita anche a quelli per i quali sia stata presentata la richiesta di contributo di ricostruzione, indipendentemente dalla presenza di un titolo abilitativo.
La disposizione attualmente prevista nel decreto in commento (art. 1, co. 3), infatti, penalizza quei territori nei quali alla domanda di contributo non è necessario allegare la documentazione per il rilascio del titolo edilizio.
Allo stesso modo, non si condividono le limitazioni per le ONLUS e gli Enti del terzo settore, per i quali, stante la scarsa capienza d’imposta, che non consente l’utilizzo dei bonus in forma di detrazione, il venir meno della facoltà di opzione per la cessione del credito e per lo sconto in fattura corrisponde, di fatto, all’eliminazione dell’incentivo.
Le nuove regole intervengono anche sul cd. Bonus Barriere architettoniche su cui era già intervenuto di recente il DL 212/2023, che, oltre a limitarne sensibilmente l’ambito applicativo, aveva già imposto un primo blocco alla possibilità di optare per la cessione del credito e per lo sconto in fattura per tutti i contribuenti, conservandolo solo per i condomini e per le unifamiliari adibite ad abitazioni principali.
Anche questi ultimi, adesso, vengono interessati dall’ulteriore stretta prevista dal DL 39/2024. Di fatto viene fortemente limitata la possibilità di utilizzare questo tipo di agevolazione per interventi con una riconosciuta valenza sociale.
Un altro profilo critico del Decreto-legge è rappresentato dall’eliminazione della “remissione in bonis” per l’invio tardivo delle comunicazioni di opzione per la cessione del credito e per lo sconto in fattura e, ancor peggio, dall’impossibilità di correggere errori effettuati in buona fede, contenuti in comunicazioni già inviate.
Anche queste misure pregiudicano il legittimo affidamento dei contribuenti, che contavano su un istituto ampiamente riconosciuto per porre in essere adempimenti tardivi, al fine di non incorrere nella decadenza dalle agevolazioni fiscali.
In merito, si rende necessaria una riflessione sulla possibilità di conservare il diritto ad una comunicazione tardiva della cessione del credito (es. in caso di ritardo nel rilascio di un’asseverazione o del visto di conformità, ove il contribuente aveva confidato sul fatto di poter inviare la comunicazione entro il 15 ottobre 2024), ovvero in presenza di errori formali che, sino al 29 marzo 2024, potevano essere corretti entro il 5 maggio 2024. In entrambe le ipotesi potrebbe conservarsi il diritto alla remissione in bonis per un periodo limitato, decorrente dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Per il dettaglio delle valutazioni e proposte evidenziate da ANCE si veda il documento in allegato consegnato agli atti della Commissione per la pubblicazione sul sito web.
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