Il Neoministro per gli Affari europei, il PNRR e le politiche coesione, Tommaso Foti, è stato ascoltato il 23 gennaio scorso, dalle Commissioni in seduta congiunta Politiche dell’Unione europea della Camera e del Senato, sulle linee programmatiche del Dicastero. Di seguito i principali temi di interesse toccati nell’audizione.
Premessa
Dobbiamo tener presente che la nuova Istituzione europea che è partita con l’esito delle elezioni dello scorso anno, ha indubbiamente da affrontare temi e situazioni che sono profondamente diverse da quelle dei 5 anni precedenti. Sotto questo profilo dobbiamo dire che vi sono stati dei cambiamenti nell’ambito geopolitico, a volte prevedibili, a volte imprevedibili.
Azione esterna UE, mediterraneo, immigrazione
È certo che l’Europa per giocare un suo ruolo, a differenza del passato dove, diciamolo pure, vi è stata più una situazione di quasi, direi antagonismo all’interno della stessa deve dimostrarsi coesa al suo interno per poter essere altrettanto forte all’esterno, perché è evidente che se sotto il profilo interno vi sono delle ragioni fondamentali per l’Europa e i popoli europei di stare uniti, l’azione esterna coerente da parte dell’Europa deve essere una azione strategica a tempo stesso globale.
Uno dei temi che oggi fino a ieri forse era un po’ sottovalutato il ruolo del Mediterraneo, un ruolo che penso di poter dire anche in relazione al nuovo Commissario che avrà la delega a riguardo, possa rappresentare un momento di nuovo protagonismo.
Proprio per il Mediterraneo e soprattutto anche per i popoli che si affacciano sul Mediterraneo, occorre sapere comprendere anche che molti di questi popoli sono in prima fila rispetto a quelle che sono le frontiere dell’immigrazione? Beh, anche sotto questo profilo io penso che alcune piccole iniziative, ma significative, importanti, che possono diventare grandi e di sistema che sono state assunte, cioè ad esempio accordi con i paesi dai quali vi erano le partenze, sia se fossero essi di origine o di transito, può rappresentare un momento importante per andare a realizzare poi.
Competitività, decarbonizzazione, energia
Uno dei temi sicuramente centrale oggi è quello della competitività. Non lo dico io, penso che autorevolmente abbia reso un rapporto il Presidente Draghi, che (al di là poi di come ci si posizioni rispetto allo stesso, nel senso che evidentemente sul piano politico vi possono essere sfumature diverse, sia per quanto ne riguarda l’interpretazione sia per quanto ne riguarda l’applicazione), mette a nudo alcune verità che forse mi permetto di dire, ogni tanto si era portati a non voler ammettere o a cercare di minimizzare.
E’ evidente che una politica di competitività deve necessariamente portarsi dietro innanzitutto un progetto di semplificazione, che penso non riguardi i singoli Stati nazionali, ma anche spesso direttive e regolamenti dell’Unione europea, cioè cercare di poter essere chiari nella affermazione dei principi e chiari altrettanto nella formulazione delle regole.
Perché se vogliamo che soprattutto il sistema delle imprese europee sia competitivo sul mercato globale, dobbiamo consentire alle stesse di poter avere quelle certezze delle possibilità di investimento e di affermazione che i dubbi non suggeriscono.
Al riguardo, penso anche che in termini di competitività dobbiamo cercare, senza ovviamente volersi chiudere in recinti che tra l’altro non sono più neanche immaginabili, di porci il problema dei capitali ingenti che i popoli europei investono al di fuori dell’Europa e cercare invece di trovare delle formule di partecipazione di capitale pubblico e privato che possa consentire di ugualmente impegnare produttivamente quelle risorse.
Ma per cercare di rafforzare il sistema economico europeo non voglio sfuggire da quello che è un’argomentazione che sicuramente già nel passato c’è stata e cioè la strategia di decarbonizzazione, che è sicuramente una strategia che deve vedere oggi, a mio avviso e ad avviso del Governo, quello che potremmo rappresentare un punto di equilibrio per quella che è la neutralità climatica e quella che è la neutralità tecnologica. Dobbiamo trovare un punto di incontro ad evitare che un processo di deindustrializzazione investa l’Europa.
Penso di poter dire che forse mai come in questo mandato sarebbe importante raggiungere un obiettivo e una strategia di politica industriale europea che spesso e volentieri è stata più sommatoria delle varie politiche industriali dei singoli Stati piuttosto che una politica di sistema.
E dico questo perché evidentemente si profilano anche situazioni per le quali, ad esempio il tema dell’energia diventa un tema che non può essere eluso.
Nel momento in cui una parte della competitività del sistema industriale passa attraverso i costi e le forniture di energia.
Sotto questo profilo occorre anche che noi consideriamo la necessità di un bilancio che non stravolge le regole del gioco, ma che abbia il coraggio di fare: voglio dire che l’obiettivo deve essere ambizioso, ma che favorisca politiche anche comuni di intervento, perché ritengo che solo così facendo noi possiamo evitare di fare una politica che rischia giorno per giorno di sfarinarsi rispetto a un dinamismo annunciato praticato, lo vedremo, ma col quale comunque dobbiamo fare i conti.
Inutile nascondersi che, ad esempio, la Cina ha assunto un ruolo, che anche se l’Inghilterra ha fatto una scelta e pur sempre parte di un’Europa ed è sempre uno di quei paesi che possono contribuire magari solo anche a livello di partnership, ma a concretizzare un quadro europeo direi di diverso livello e quindi non possiamo dimenticare anche chi, sempre attraverso un voto popolare, ha fatto, legittimamente, nel momento in cui il voto popolare è stato prevalente, una scelta.
Allargamento dell’Europa
L’allargamento investe i Balcani occidentali e anche l’est. Sotto questo profilo, non è che l’allargamento dei Balcani stia procedendo per tutti e quattro gli Stati interessati con la uguale intensità.
Dobbiamo dire che sicuramente vi sono alcune problematiche che si registrano per quanto riguarda la Serbia. Altre per problematiche ma molto più leggere, invece, per quanto riguarda il Montenegro, e una situazione più soddisfacente per quanto riguarda, ad esempio, l’Albania. Poi c’è la Macedonia del Nord che è ancora un’altra situazione.
Ad Est abbiamo i temi di Moldavia e dell’Ucraina. E sotto questo profilo è evidente che noi stiamo parlando di una prospettiva di allargamento, però che non è cosa di domani.
Ovviamente bisogna raggiungere degli standard, bisogna avere, soprattutto per quanto riguarda lo Stato di diritto.
Voi sapete che c’è una particolare attenzione, legittima, da parte dell’Unione europea ai progressi sostanziali delle singole realtà e quindi a questo scenario dobbiamo fare fronte, pur avendo chiaro che l’obiettivo che l’Unione europea si propone è un ulteriore suo allargamento. Abbiamo la situazione dell’immigrazione, dove prima già avevo fatto alcuni riferimenti. Debbo dire che alcuni risultati che paiono emergere abbastanza concretamente e che oggi vi è una minore pressione sostanziale, direi minore pressione e pressione per quanto riguarda il Mediterraneo centro.
Io in realtà nella mia agenda ho messo in testa la situazione economica e della competitività, però legittimamente posso capire che vi siano anche inversioni di priorità a seconda ovviamente delle situazioni anche interne o delle convinzioni dei singoli Governi.
Dobbiamo cercare forse di parlarci di più e sempre di più cercare di trovare non le ragioni del nostro stare assieme, perché, se me lo permettete, quello è consolidato nella storia dell’Europa, ma di come stare assieme, cioè di effettivamente lavorare intensamente per poter avere una politica comune, tanto nei settori strategici quanto nei settori magari meno strategici, ma partendo dai settori strategici.
PNRR e Politiche di coesione
Voi sapete meglio di me che abbiamo degli obiettivi. 621 obiettivi ad oggi, quando parlo oggi su questo dato parlo al 31 dicembre, su altri dati parlo al 30 novembre, non consolidato, ma ve lo dirò.
Gli obiettivi raggiunti sono stati 337, pari al 54%. Abbiamo tre rate di fronte a noi ancora da poter richiedere e 284 obiettivi da raggiungere. E’ evidente che è un impegno che deve essere svolto con la massima attenzione per evitare sia falsi entusiasmi, sia di trovarsi poi davanti a cocenti delusioni.
Voi sapete che siamo il primo paese che ha chiesto sia la sesta che la settima rata, quando anche la settima rata dovrà essere liquidata.
Noi abbiamo avremmo raggiunto i 140 miliardi e oltre di euro a nostra disposizione.
So che si è molto interessati ai dati della spesa, li dico senza alcun timore. Però vorrei anche sottolineare che negli obiettivi che abbiamo non abbiamo solo obiettivi di spesa, abbiamo anche obiettivi di riforma e su questo mi permetto di fare un inciso, mentre la spesa può agire nel breve periodo e quindi avere un riflesso di qualche anno, soprattutto nell’immediato. Le riforme dovrebbero servire poi, effettivamente ad adeguare il paese ad alcuni standard. Quindi non perdiamo di vista le riforme, perché le riforme e spesa sono i due pilastri del piano. Non è che il PNR si regga solo sul pilastro della spesa. Comunque, il dato al 30 novembre 2024 è un dato che viene dal MEF e quindi è già stato certificato. Perché voi sapete che quando diamo i dati, i dati MEF sono certificati, ma con una procedura che è di due mesi, due mesi e mezzo a volte anche. Non in ritardo, ma che rispecchia una situazione di tre mesi prima degli eventuali altri pagamenti. E siamo a 61 miliardi di euro.
È un dato che non tiene conto però degli effetti che io penso possano essere importanti soprattutto per il sistema degli enti locali. Perché prima la norma e poi il decreto attuativo del 4 gennaio 2025 consente oggi di poter chiedere un’anticipazione pari al 90% delle spese dell’intervento.
E questo soprattutto per i piccoli e medi comuni, ma probabilmente anche per i grandi, evita il concorso l’anticipazione di cassa che spesso e volentieri diventava preclusivo rispetto alla possibilità dell’avanzamento dei lavori.
Quanto alle politiche di coesione, che altro argomento per il quale abbiamo un impegno di spesa pari a 73,9 miliardi di euro, di cui 42,2 miliardi di competenza dell’Unione europea. Sono 10 i programmi nazionali, pari al 34,6% della dotazione finanziaria e 38 programmi regionali. Ecco, sotto questo profilo, ad oggi abbiamo un 20% di dotazione complessiva dei programmi. Abbiamo 10 miliardi e 341 milioni di opere e di progetti con obbligazioni giuridicamente vincolanti, che quindi è pari al 14% della dotazione complessiva. Sono stati effettuati i pagamenti per 2,5 miliardi, pari al 3,4% della dotazione finanziaria. La spesa certificata alla Commissione europea.
Ecco, siamo al 2% di questa quota. Voglio qui sottolineare, ma lo sapete meglio di me, che la ripartizione dei fondi rimane fissa, 80% Sud, 20% Nord. Quindi sotto questo profilo tutte le regioni e le province autonome hanno sottoscritto oggi gli accordi di coesione. Si tratta di vedere, diciamo, l’evoluzione poi degli accordi, tenendo presente che in questa prima fase, essendovi una scansione diversa rispetto alle scadenze del PNR, è probabile che si faccia anche una scelta da parte di soggetti attuatori, nel caso di contemporaneità di interventi, di dare una priorità al PNRR rispetto alla coesione.
Sulla coesione voglio spendere ancora due minuti sulle aree interne perché questo è un argomento particolarmente importante. Voi sapete quanto spesso si parli della desertificazione di alcuni comuni, sapete benissimo come si parli della mancanza di risorse in questi comuni e quindi le aree interne. Tra l’altro, aree interne sono localizzate fortemente al centro sud più che al nord. Quindi, anche sotto questo profilo occorre una particolare attenzione per far sì che quando approveremo, con la cabina di regia, il piano delle aree interne.
Si dia un ruolo di regista anche alle regioni, perché giustamente è vero che i progetti devono nascere dal basso, ma poi ci vuole anche un’azione non solo di monitoraggio ma anche direi di affiancamento, insomma, spesso e volentieri anche sotto il profilo tecnico da parte delle regioni.
Voi sapete che se devo guardare le 123 aree interne, stiamo parlando di 14 milioni di abitanti nel loro complesso. Se andiamo a vedere però quelli che sono i 1524 comuni periferici già scendiamo a 4.600.000 abitanti si andiamo agli ultra-periferici, ci troviamo 380.000 comuni ma con 720.000 abitanti.
Ecco, sotto questo profilo mi permetto di darvi solo i dati relativi a quella che era la dotazione finanziaria 2014-2020: risorse programmate per un miliardo e 200 milioni; risorse monitorate per 421 milioni; risorse impegnate, 229 milioni; pagamenti 139 milioni (dato critico è quello del FEASR).
Per quanto riguarda le aree interne dobbiamo nettamente uscire da questa situazione tenendo presente che le aree di intervento poi non sono tante, erano concentrate proprio su quelle che sono i bisogni maggiori delle aree interne. Dobbiamo cercare di operare per far sì che le risorse siano utilizzate. I progetti, che tra l’altro sono oltre, sono quasi 2000. Quindi vi rendete conto che c’è anche un po’ una polverizzazione di progetti?
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