Arrivano le istruzioni operative dell’Agenzia delle Entrate (circolare n.2 del 14 marzo scorso) per aiutare le imprese ad orientarsi nella fitta rete di regole imposte dalla nuova normativa in materia di imposte di registro, ipotecaria e catastale, imposta di bollo e altri tributi indiretti diversi dall’Iva. Una sorta di bussola che spiega, nel dettaglio, le modifiche decise dal governo per razionalizzare e semplificare i singoli tributi e contenute nel decreto legislativo n. 139/2024.
In particolare, per il settore immobiliare, le disposizioni di maggior interesse sono quelle relative all’imposta di registro e alle imposte ipotecaria e catastale che riguardano il trasferimento di diritti edificatori, nonché il registro applicabile ai contratti preliminari di compravendita e l’imposta dovuta nelle ipotesi di trasferimento d’azienda o ramo d’azienda.
Ricordando che le nuove disposizioni sono efficaci dal primo gennaio di quest’anno e, in particolare, si applicano agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate o presentate per la registrazione, nonché alle successioni aperte e agli atti a titolo gratuito fatti a partire dall’inizio del 2025 (come previsto dall’art.9, co.3, del Decreto legslativo), vediamo nei dettagli le singole voci.
Trasferimento di diritti edificatori: novità in tema di registro e ipo-catastali (art.2, co.1, lett.ff, n.1 e art.3)
Per quanto riguarda gli atti di trasferimento dei diritti edificatori, il legislatore ha recepito l’orientamento giurisprudenziale favorevole al loro inquadramento tra quegli atti che hanno ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, con conseguente applicazione dell’imposta di registro al 3%.
In precedenza, invece, questi contratti erano annoverati tra gli atti traslativi a titolo oneroso di diritti immobiliari, con conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura pari al 9% o, in caso di soggezione ad IVA (con aliquota del 22%), nella misura fissa pari a 200 euro.
Ora, dunque, i contratti che trasferiscono diritti edificatori ricadono nell’art. 3 della Tariffa (parte I, allegata al DPR 131/86) e, così, scontano l’imposta di registro proporzionale con l’aliquota del 3%.
La circolare rileva anche che, coerentemente con la mutata qualificazione, l’art. 3 del decreto interviene sul testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale (d.lgs. n. 347/1990), prevedendo che i contratti di trasferimento di diritti edificatori sono assoggettati all’imposta ipotecaria in misura fissa (200 euro), al pari di quelli che non comportano il trasferimento di proprietà di beni immobili né costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari.
Per completezza, si evidenzia che tale intervento non impatta sugli atti di cessione dei diritti edificatori effettuati da imprese e, quindi, assoggettati ad IVA. In questi casi, resta fermo, difatti, il principio di alternatività IVA/Registro (di cui all’art. 40 del medesimo DPR 131/1986), per effetto del quale l’operazione sarà soggetta ad IVA nella misura ordinaria (22%) e sconterà l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro.
Contratti preliminari di compravendita e imposta di registro (art.2, co.1, lett. ff, n.2)
La riforma ha apportato una vera e propria innovazione con riferimento alla tassazione dei contratti preliminari, uniformando l’aliquota applicabile agli acconti non soggetti a IVA a quella applicabile alle caparre confirmatorie.
Prima della riforma, infatti, se il contratto preliminare prevedeva il pagamento di una caparra o di acconti, occorreva versare anche l’imposta di registro: dello 0,5% delle somme previste a titolo di caparra confirmatoria e del 3% delle somme previste a titolo di acconto sul prezzo di vendita, se il trasferimento non era soggetto a IVA.
Per effetto della modifica apportata del decreto (art.2, co.1, lett. ff, n.2), trova ora applicazione l’aliquota dello 0,5% anche ai contratti che contemplano il versamento di un acconto non assoggettato ad IVA (fin ora assoggettato al 3%), così alleviando il relativo carico impositivo. Dunque, si prevede che, in entrambi i casi, troverà applicazione l’aliquota dello 0,5%.
Si precisa che la novità non riguarda l’imposta da applicare sulle somme versate a titolo di soggette ad IVA, per le quali continuerà ad applicarsi l’imposta di registro in misura fissa, pari a 200 euro.
Altra novità introdotta dal Decreto è il principio normativo in base al quale sulle somme dovute a titolo di caparra o acconto si applica l’aliquota dello 0,5% “o la minore imposta applicabile per il contratto definitivo”. Viene così sancito il criterio per cui la tassazione del preliminare non può superare quella applicata sul contratto di compravendita definitivo.
La ratio dell’intervento – come precisa la circolare – è quella di evitare che l’imposta assolta in sede di preliminare debba poi essere rimborsata all’atto della stipula del contratto definitivo. Ipotesi che si verifica, ad esempio, per i contratti relativi a operazioni soggette a IVA.
Resta fermo che, in entrambi i casi, l’imposta pagata in sede di preliminare sarà imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione dell’atto definitivo.
Trasferimento d’azienda o ramo d’azienda: novità in tema di imposta di registro (art. 2, comma 1, lett. i)
La circolare dell’Agenzia delle Entrate evidenzia come il decreto abbia codificato un principio già ormai consolidato nella prassi in via interpretativa: alla cessione d’azienda o di un ramo d’azienda sono applicabili, separatamente, le diverse aliquote previste per il trasferimento dei singoli beni e diritti che compongono il complesso.
Si evita, in tal modo, che alla cessione d’azienda sia applicata l’aliquota più elevata tra quelle previste per i singoli beni aziendali, ad esempio l’avviamento (3%), gli immobili (9%), i crediti aziendali (0,5%).
Sul punto, l’Agenzia precisa che tale possibilità sussiste a condizione che, per effetto della ripartizione indicata nell’atto di trasferimento o nei relativi allegati, sia possibile imputare ai vari beni una quota parte del corrispettivo.
Dal punto di vista operativo, la circolare chiarisce le modalità di determinazione dell’imponibile da assumere come base di calcolo per la determinazione dell’imposta sancendo, in via generale, che deve essere assunto il valore venale complessivo dei beni che compongono l’azienda.
Nell’ipotesi in cui la cessione abbia ad oggetto anche crediti aziendali, questi scontano l’aliquota dello 0,5%. Invece, l’imputazione delle passività ai diversi beni mobili e immobili va operata in proporzione al loro rispettivo valore, a nulla rilevando lo specifico collegamento di esse con i singoli elementi dell’attivo aziendale.
Imposta di registro in autoliquidazione
La circolare rileva che, per effetto delle modifiche apportate all’articolo 41 del Dpr n. 131/1986, assume portata generale il principio di autoliquidazione dell’imposta. Pertanto, la liquidazione spetta direttamente ai soggetti obbligati al pagamento della stessa e non più all’ufficio, salvo specifiche ipotesi tassativamente previste. Dunque, il contribuente dovrà autoliquidare e versare l’importo dovuto a titolo di imposta, prevedendosi un successivo controllo formale da parte dell’ufficio circa la correttezza del quantum versato. Allorché dai controlli emerga una maggiore imposta principale, l’Ufficio notificherà al contribuente un avviso di liquidazione, con sanzioni ridotte a un terzo se il contribuente procederà al pagamento delle somme dovute entro il termine per la proposizione del ricorso.
Imposta di bollo: modifiche alle modalità di pagamento
La circolare dell’Agenzia delle Entrate si sofferma anche sulla semplificazione apportata dal decreto delegato (dall’articolo 4, comma 1, lettera b) alla disciplina delle modalità di pagamento dell’imposta di bollo.
Di particolare rilievo l’introduzione di un maggiore lasso di tempo per assolvere il versamento dell’imposta per gli atti soggetti a registrazione obbligatoria. Si prevede, infatti, che per gli atti da registrare in termine fisso, il bollo è assolto, anziché al momento della formazione dell’atto, nel termine previsto per la registrazione, tramite modello F24.
Si introduce, inoltre, la possibilità di procedere al versamento tramite contrassegno telematico anche per i documenti analogici presentati per la registrazione in originale all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Non solo. Diviene possibile, anche in relazione all’imposta di bollo, di integrare o rettificare, mediante una successiva dichiarazione, quella originariamente presentata, al fine di “correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito”.
Possono essere rettificate anche le dichiarazioni già presentate alla data di entrata in vigore del Decreto per le quali, al primo gennaio 2025, non siano ancora scaduti i termini per l’attività accertativa.
Modifiche al sistema sanzionatorio
La circolare ricorda anche che il Decreto legislativo 87 del 2024, ha rimodulato le sanzioni amministrative relative ai tributi indiretti, oggetto della riforma.
In materia di imposta di registro, la sanzione è ad oggi fissata al 120% dell’imposta dovuta, in caso di omessa richiesta di registrazione degli atti; al 45% dell’imposta dovuta, se la richiesta di registrazione è effettuata con un ritardo non superiore a 30 giorni; al 70% della maggiore imposta dovuta, per l’insufficiente dichiarazione di valore.
Ai fini dell’imposta di bollo, invece, è prevista la sanzione dell’80% dell’imposta o della maggiore imposta, per l’omesso o insufficiente pagamento dell’imposta; dell’80% per l’omessa o infedele dichiarazione di conguaglio o del 45%, se presentata con ritardo non superiore a 30 giorni.
E’ bene ricordare che, per quanto riguarda l’impianto sanzionatorio relativo all’imposta di registro, è in esame preliminare al Consiglio dei ministri il decreto legislativo recante “Disposizioni integrative e correttive in materia di adempimenti tributari, concordato preventivo biennale, giustizia tributaria e sanzioni tributarie”.
Intanto, pur essendo suscettibile di modifiche, l’attuale formulazione dello schema di provvedimento prevede, tra le altre cose, l’introduzione di una sanzione minima per le ipotesi di omessa o tardiva registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, e di omessa o tardiva presentazione delle denunce. In particolare, è prevista una sanzione di 250 euro per l’ipotesi di omessa registrazione dell’atto e di 150 euro per l’ipotesi di tardiva registrazione dell’atto.
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