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Audizioni e proposte, Governo e Parlamento

Polizza Rischi catastrofali, Ance in audizione alla Camera: ok la proroga ma risolvere le questioni aperte

8 Aprile 2025
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Bene la proroga sull’obbligo della polizza anticatastrofe per le imprese. Ma ci sono ancora molti nodi da sciogliere per fare chiarezza sulla norma e spingere sul fronte della prevenzione e della messa in sicurezza del territorio, anche con un piano strutturale di interventi. Sono questi i punti principali sottolineati dal Vicepresidente dell’Ance, Stefano Betti, nel corso dell’audizione presso la Commissione Ambiente della Camera dei deputati, nell’ambito dell’esame, in sede referente, del disegno di legge di conversione del decreto che contiene misure urgenti in materia di assicurazione dei rischi catastrofali.

“L’obbligo di polizze catastrofali può, infatti, rappresentare un utile strumento nell’ambito delle politiche di riduzione degli effetti negativi dei rischi naturali e dei cambiamenti climatici, ma ha necessità di essere attuato con ragionevolezza ed efficacia”, ha detto Betti considerando che l’Italia, per la sua conformazione geografica e morfologica, è tra i Paesi più esposti al rischio di eventi naturali, in particolare terremoti e dissesti idrogeologici, e che negli ultimi anni la crisi climatica ha aggravato ulteriormente la situazione, aumentando la frequenza e l’intensità delle alluvioni e provocando danni sempre più rilevanti all’ambiente e all’economia. In linea anche con quanto affermato dalla Banca centrale Europea, si ritiene che le assicurazioni facilitino la ricostruzione consentendo alle imprese di riprendere la propria attività in tempi brevi. Questo si traduce in una significativa mitigazione dei danni economici complessivi, in una riduzione dei rischi per la stabilità finanziaria e in un alleggerimento dei costi a carico dei contribuenti per le perdite non coperte. Ciononostante, i dati europei, come rimarcato dalla stessa BCE, rivelano che solo un quarto delle perdite causate da eventi climatici estremi risulta assicurato.

C’è da considerare, inoltre, il fattore economico: secondo i dati del Rapporto Ance-Cresme, mentre la spesa per riparare gli eventi sismici è rimasta costante (2,7 miliardi nel periodo 2009-2023 contro 3,1 dei periodi precedenti), la spesa per contrastare gli effetti del dissesto idrogeologico è triplicata da una media annua di 1 miliardo, precedente al 2009, a 3,3 miliardi nel periodo 2009-2023.

In questo contesto – ha osservato Betti – le misure adottate dai Governi negli ultimi anni “si sono rilevate spesso poco efficaci perché si sono scontrate con una scarsa capacità di spesa e di realizzazione dei progetti e con la natura prevalentemente emergenziale degli interventi”. Quindi, ben venga la previsione di una copertura obbligatoria generalizzata al sistema produttivo che dovrebbe offrire una maggiore protezione economica per le imprese, consentendo alle aziende di preservare il proprio patrimonio, garantire la continuità operativa e favorire una ripresa più rapida a seguito di eventi catastrofici, pur rimanendo essenziale anche un sostegno pubblico.

Un sistema assicurativo diffuso contribuisce, inoltre, a ridurre l’onere economico per lo Stato: minore sarà la necessità di interventi pubblici emergenziali, maggiore sarà la capacità delle risorse pubbliche di essere destinate ad altre priorità a vantaggio dell’intera collettività. Ma attenzione, evidenzia l’Ance:  l’assicurazione rappresenta uno strumento importante, ma non sostituisce la necessità impellente di un piano strutturale di interventi per la prevenzione e la messa in sicurezza del territorio, affrontando in primis il dissesto idrogeologico e le ulteriori fragilità intrinseche del nostro Paese.

Per l’Ance, occorre senz’altro investire in interventi di messa in sicurezza degli edifici e delle infrastrutture esistenti, promuovere pratiche costruttive innovative e resilienti per il futuro, e adottare politiche di pianificazione territoriale che tengano conto delle specificità dei rischi locali e della necessità di ridurre la vulnerabilità intrinseca del nostro patrimonio costruito e naturale.

Pur non mettendo in discussione l’opportunità di assicurarsi contro i rischi catastrofali, i costruttori sollevano perplessità in relazione alla mancanza di chiarezza su molti aspetti dell’obbligo. Questioni operative, definizioni di copertura, costi e meccanismi di funzionamento e soprattutto la non ben definita previsione sanzionatoria hanno generato numerosi dubbi interpretativi “che, purtroppo, neanche il successivo decreto ministeriale attuativo 30 gennaio 2025, il numero 18 – ha detto Betti – è riuscito a risolvere”.

L’Ance ritiene opportuno che siano chiariti cinque profili applicativi dell’obbligo assicurativo. Nel dettaglio è necessario:  

  1. precisare che l’obbligo di stipulare la polizza ricade esclusivamente sui beni di proprietà dell’impresa in quanto ricompresi nell’elenco delle voci di bilancio dell’attivo immobilizzato (B-II, numeri 1, 2 e 3 dell’art. 2424 c.c.) escludendo quelli detenuti ad altro titolo (es. locazione);
  2. definire meglio i criteri di assicurabilità in caso di immobili che presentano delle difformità edilizie operando una distinzione tra quelli che rientrano nei casi sanabili e quindi potenzialmente ammessi alla copertura obbligatoria;
  3. delimitare l’ambito di applicazione oggettivo, escludendo i cosiddetti “beni merce“;
  4. circoscrivere meglio la portata delle misure sanzionatorie, precisando che l’espressione “contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche” si riferisce unicamente a interventi finanziari diretti conseguenti all’evento catastrofale;
  5. prevedere un sistema di mutualità tra le zone a più alto rischio e quelle meno rischiose, per evitare distorsioni troppo forti dal punto di vista della localizzazione delle attività economiche e in modo da creare un livellamento del premio verso un valore medio accessibile per tutti.

 

In linea anche con quanto affermato dalla Banca centrale Europea, si ritiene che le assicurazioni facilitino la ricostruzione consentendo alle imprese di riprendere la propria attività in tempi brevi. Questo si traduce in una significativa mitigazione dei danni economici complessivi, in una riduzione dei rischi per la stabilità finanziaria e in un alleggerimento dei costi a carico dei contribuenti per le perdite non coperte. Ciononostante, i dati europei, come rimarcato dalla stessa BCE, rivelano che solo un quarto delle perdite causate da eventi climatici estremi risulta assicurato.

Secondo un’analisi condotta dal Disaster Risk Management Knowledge Centre (DRMKC) del Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea emerge come, in Europa, l’Italia sia il Paese più vulnerabile alle catastrofi naturali. Lo studio evidenzia come l’Europa affronta diversi rischi naturali, tra cui inondazioni, terremoti, frane, tempeste, eruzioni vulcaniche, incendi boschivi, siccità e ondate di calore, con diversi gradi di esposizione e vulnerabilità in tutto il continente. Tra il 1980 e il 2020, i rischi naturali hanno colpito circa 50 milioni di persone nell’Unione Europea, causando danni annuali medi di 12 miliardi di euro (Commissione Europea, 2023). È sempre più riconosciuto che questi pericoli e/o i loro impatti spesso si sovrappongono nello spazio e nel tempo, rendendo necessario un nuovo approccio alla gestione del rischio.

Lo studio mette in evidenza anche come il livello di rischio non è determinato unicamente dall’esposizione a una specifica minaccia. Infatti, beni, sistemi e comunità, pur trovandosi nella stessa area esposta, possono presentare vulnerabilità significativamente diverse, con conseguenti livelli di rischio profondamente variabili. La vulnerabilità di un elemento esposto si configura, pertanto, come un fattore determinante per comprendere e mitigare il rischio effettivo.

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Per informazioni rivolgersi a:
Direzione Relazioni Istituzionali e Affari Esteri
Tel. 06 84567 417 / 464
E-Mail: relazioniistituzionali@ance.it
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