
“Mantenere suoli in condizioni sane e prevenire e affrontare tutti gli aspetti di degrado del suolo, al fine di conseguire suoli sani entro il 2050”. È questo l’obiettivo strategico fissato dall’Unione europea con la Direttiva 2025/2360 sul monitoraggio e la resilienza del suolo, adottata il 12 novembre 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue il 26 novembre scorso.
Il provvedimento mira a garantire che i suoli europei possano continuare a fornire servizi ecosistemici fondamentali, contribuire alla prevenzione e mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità, rafforzare la resilienza rispetto alle catastrofi naturali e sostenere la sicurezza alimentare, come stabilito dall’articolo 1 della Direttiva.
Per fare questo, la Direttiva (art. 1) istituisce un sistema di monitoraggio e valutazione della salute dei suoli per tutti gli Stati membri; prevede alcuni principi per la resilienza e la mitigazione del consumo di suolo, e introduce alcune norme in materia di gestione dei siti contaminati.
In questo contesto, l’Ance ha svolto un’intensa e costante azione di sensibilizzazione e interlocuzione, sia a livello europeo sia in ambito nazionale, per favorire una normativa equilibrata, capace di coniugare gli obiettivi ambientali con le esigenze del settore delle costruzioni, evitando ricadute negative sulla pianificazione territoriale e urbanistica vigente. Di seguito i principali contenuti di interesse del settore.
Un nuovo sistema europeo di monitoraggio del suolo
La Direttiva istituisce innanzitutto un sistema armonizzato di monitoraggio e valutazione della salute del suolo valido per tutti gli Stati membri. A tal fine, ciascun Paese dovrà suddividere il proprio territorio in Distretti del suolo, affidati alla responsabilità di una o più autorità competenti, e in Unità di suolo, definite sulla base dell’estensione geografica dei distretti, delle caratteristiche pedologiche e delle categorie di uso del suolo (articoli 4 e 5).
Il quadro di monitoraggio riguarderà due profili principali (articolo 6):
La Direttiva chiarisce le definizioni operative, intendendo per “impermeabilizzazione del suolo” la copertura con materiali completamente o parzialmente impermeabili (art. 3, punto 18) e per “rimozione del suolo” la rimozione temporanea o permanente, totale o parziale, del suolo da un’area (art. 3, punto 20).
Resilienza del suolo e mitigazione del consumo: principi chiave per il settore edilizio
Di particolare rilievo per il comparto delle costruzioni è l’articolo 12, che introduce una serie di principi di mitigazione del consumo di suolo. Nel rispetto dell’autonomia degli Stati membri in materia di pianificazione territoriale, la Direttiva stabilisce che, in caso di nuova impermeabilizzazione o rimozione del suolo, siano rispettati i seguenti principi:
– ridurre, quanto più possibile, la superficie di suolo interessata dall’impermeabilizzazione del suolo e dalla rimozione del suolo, in particolare incoraggiando il riutilizzo e la riconversione dei suoli impermeabilizzati, come gli edifici esistenti;
– selezionare le aree in cui la perdita di servizi ecosistemici sarebbe minima, in particolare le aree con suoli pesantemente degradati, come i siti dismessi (brownfields);
– effettuare l’impermeabilizzazione del suolo e la rimozione del suolo in modo da ridurre al minimo gli effetti negativi sul suolo, in particolare proteggendo i suoli circostanti o mantenendo l’impermeabilizzazione del suolo il più possibile reversibile;
Siti contaminati: un approccio graduale e basato sul rischio
La Direttiva dedica ampio spazio anche alla gestione dei siti contaminati e all’individuazione di quelli potenzialmente contaminati (Capo IV). In particolare, viene previsto che gli Stati membri, entro il 17 dicembre 2029, definiscano un approccio graduale e basato sul rischio per quanto riguarda:
Gli Stati membri dovranno, quindi, dapprima stabilire un elenco delle attività potenzialmente contaminanti, procedere ad una ricognizione dei siti potenzialmente contaminati e creare un registro degli stessi, che andrà aggiornato sistematicamente e dovrà riportare anche l’elenco di quelli contaminati.
Sotto il profilo procedurale, ciascuno Stato dovrà definire termini, regole e priorità delle analisi da svolgere per verificare l’effettiva contaminazione dei siti potenzialmente contaminati e, per quanto riguarda quelli contaminati, dovrà determinare cosa rappresenta un rischio “inaccettabile per la salute umana e per l’ambiente” e la metodologia per la valutazione del rischio stesso.
Come più volte ribadito nel testo della Direttiva, l’obiettivo da perseguire è quello di mantenere a livelli accettabili i rischi per la salute umana e per l’ambiente, tenendo conto dei costi, dei benefici, dell’efficacia, della durabilità e della fattibilità tecnica a lungo termine delle diverse opzioni disponibili.
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