La riforma della legge fallimentare – di cui al D.lgs n. 5/06 – attuata sulla base dei principi di delega stabiliti dalla legge n. 80/05, si caratterizza per l’introduzione di una serie di innovazioni finalizzate a valorizzare il ruolo attivo dei creditori, nella gestione della conseguente procedura, e del curatore fallimentare, cui si accompagna una diversa posizione del giudice, che assume una funzione di maggiore terzietà rispetto alla disciplina previgente.
La riforma in parola amplia le competenze del cosiddetto comitato dei creditori, consentendo una maggiore partecipazione di tale organo alla gestione della crisi di impresa.
Viene altresì modificata la disciplina dei requisiti per la nomina a curatore annoverando, tra i soggetti legittimati a ricoprire la carica, gli studi professionali associati, le società tra professionisti, nonché coloro che presentino comprovate capacità di gestione imprenditoriale.
Il D.lgs n. 5/06 modifica anche la disciplina delle conseguenze personali del fallimento, eliminando le sanzioni personali e prevedendo che le limitazioni alla libertà di residenza e di corrispondenza del fallito siano connesse alle sole esigenze delle procedure; altresì, viene riscritta la disciplina degli effetti della revocazione, prevedendo che gli stessi si rivolgano nei confronti dell’effettivo destinatario della prestazione.
Ulteriore modifica concerne la disciplina degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti: vengono ampliati i termini entro i quali il curatore deve manifestare le proprie scelte circa lo scioglimento dei relativi contratti e risulta modificata la disciplina della continuazione temporanea dell’esercizio d’impresa, ampliando i poteri del comitato dei creditori e del curatore e inserendo l’obbligo di informativa periodica da parte del curatore stesso al comitato dei creditori circa la gestione provvisoria.
La riforma di che trattasi introduce anche l’istituto della esdebitazione. Tale istituto permette la liberazione del debitore dei crediti residui nei confronti dei creditori non soddisfatti, in presenza di una serie di condizioni.
Da ultimo, il citato D.lgs n. 5 prevede che, entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, il curatore predisponga un programma di liquidazione da sottoporre – previa approvazione del comitato dei creditori – all’autorizzazione del giudice delegato, circa le modalità e i termini previsti per la costituzione dell’attivo.
La riforma di che trattasi prospetta in particolare novità per quanto attiene i profili del lavoro.
L’art. 91 del decreto modifica, infatti, l’art. 105 della legge fallimentare. La nuova norma prevede, in caso di vendita dell’azienda, di rami, di beni e rapporti in blocco, che la liquidazione dei singoli beni sia disposta quando non sia possibile accedere alla vendita dell’intera azienda, di rami della stessa, di beni o rapporti giuridici individuabili cumulativamente.
La norma di cui sopra valorizza il momento della vendita aziendale come aspetto centrale nel nuovo sistema della esecuzione coatta concorsuale, e consente la vendita cosiddetta atomistica dei singoli beni rientranti nel complesso aziendale.
La vendita frazionata tuttavia può essere effettuata qualora non sia possibile procedere alla cessione dell’intero complesso o di rami dello stesso.
Si richiama, altresì, la previsione secondo cui : “nell’ambito delle consultazioni relative al trasferimento di una azienda il curatore, l’acquirente ed il rappresentante dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente e ulteriori modifiche del rapporto di lavoro consentite dalle norme vigenti in materia”.
In tal modo si dà rilievo alle finalità di collocare sul mercato nuclei produttivi ancora vitali e a tal fine la legge consente di derogare alla disciplina generale che, in caso di trasferimento di azienda, prevede il passaggio di tutti i rapporti di lavoro in capo al cessionario.
La norma consente inoltre la facoltà di scelta tra ogni possibile forma liquidatoria prevista dall’ordinamento, se comunque connotata da massima trasparenza, da rapidità esecutiva e dalle adozioni delle più opportune forme di pubblicità.
Altra disposizione di interesse lavoristico è quella contenuta nell’art. 21 del D.lgs n. 5/06.
Novellando l’art. 21 della legge fallimentare, tale norma prevede che il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere tutte le azioni che ne conseguono, qualunque ne sia il valore.
In questo modo viene mantenuta l’attribuzione di competenza per materia al tribunale fallimentare, compresa quella relativa ai rapporti di lavoro, eliminando alcune riserve di estraneità che apparivano nel testo previgente.
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