Per giustificare l’assenza alla visita medica di controllo non è sufficiente che il lavoratore dimostri di essersi recati dal medico di fiducia in coincidenza con la cosiddetta “fascia di reperibilità”. Occorre la prova ulteriore della necessità, assoluta ed indifferibile, di essersi dovuti assentare in quello specifico momento.
Il fatto che le strutture sanitarie pubbliche siano aperte nel corso della mattina, mentre gli studi medici privati nel pomeriggio, non costituisce una prova sufficiente per giustificare l’assenza. Infatti, è noto che il lavoratore possa recarsi presso tali strutture anche al di fuori delle suddette fasce.
Quanto sopra è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 27429 del 13 dicembre 2005, che fa seguito all’orientamento più rigoroso della stessa Corte, secondo il quale il lavoratore in malattia, se sostiene – come motivo della non reperibilità alla visita di controllo – di essersi recato dal proprio medico di fiducia, deve provare che la causa della assenza costituisce una necessità impellente per la tutela della propria salute e che tale adempimento non era effettuabile in orari diversi da quello di reperibilità. (cfr. Cassazione n. 4247/04).
In altri termini, la certificazione della visita medica documenta l’assenza del lavoratore in malattia dal proprio domicilio, ma non è sufficiente a giustificarla, se non si forniscono anche i motivi di improrogabilità. Quest’ultimo è l’orientamento giurisprudenziale che si sta consolidando negli ultimi anni.
Nel recente passato, la Corte Suprema era stata di tutt’altro avviso, ritenendo che il giustificato motivo della assenza alla visita di controllo non si identificava nello stato di necessità o di forza maggiore, ma poteva coincidere con la tutela di un interesse apprezzabile giuridicamente e socialmente del lavoratore malato. Tale interesse sussiste “se non in condizioni di rilevante disagio o di notevole pregiudizio per gli interessi del soggetto, in tempi diversi da quelli corrispondenti alle suddette fasce” (cfr. Cassazione n. 5492/2000).
La sentenza in esame precisa anche che la scelta dell’orario per i controlli di malattia non nasconde un intento persecutorio da parte del datore di lavoro.
Non è, infatti, imputabile a quest’ultimo la scelta dell’ora della visita di controllo effettuata da un medico inviato da una struttura sanitaria pubblica.
Su quest’ultima affermazione la Corte di Cassazione è divisa.
In alcune pronunce, infatti, è stato ritenuto che “la visita medica possa essere ripetuta anche a distanza di ventiquattro ore dalla precedente purchè non persegua lo scopo di molestare o danneggiare il lavoratore” (c.f.r. Cassazione n. 116/1990); in altre si riconosce un autentico diritto al risarcimento del danno per “l’approvamento della malattia causato dalle continue ed immotivate visite fiscali per l’accertamento dello stato di malattia, nonostante l’effettività della patologia fosse già stata accertata dai controlli precedenti (c.f.r. Cassazione n. 475/1999).
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