Il potere di distacco di un lavoratore presso un’altra unità produttiva compete esclusivamente al datore di lavoro.
Quest’ultimo, tuttavia, non può esercitarlo discrezionalmente per finalità non ammesse dall’ordinamento giuridico, ovvero senza un idoneo bilanciamento tra le esigenze dell’impresa e quelle del lavoratore. Una volta soddisfatte le esigenze di cui sopra, il datore di lavoro può esercitare il potere di distaccare il lavoratore e un eventuale rifiuto dello stesso può tradursi in un licenziamento per giusta causa.
Questi principi sono contenuti nella sentenza della Cassazione n. 9557/06, la quale ha fornito ai giudici di merito le coordinate per esaminare di volta in volta la sussistenza della fattispecie in parola.
La Corte di Appello aveva, nel caso in commento, annullato il licenziamento intimato alla lavoratrice di un ipermercato la quale aveva opposto il netto rifiuto a svolgere uno stage conoscitivo necessario per la formazione professionale presso una struttura affiliata, localizzata in un’altra città, per un periodo di circa due mesi.
Secondo i giudici del merito non sussistevano le condizioni per dare luogo ad un distacco dal momento che non era stata fornita la prova delle esigenze dell’impresa e non erano state documentate le nuove metodologie di lavoro che la lavoratrice avrebbe dovuto apprendere durante il distacco.
La dipendente, altresì, aveva nel passato partecipato ad altri corsi di formazione con la conseguenza che, essendo in possesso di una rilevante esperienza e professionalità, non necessitava di essere soggetta ad un ulteriore stage.
La Corte di Cassazione non ha condiviso quanto sopra deciso e ha rinviato per un nuovo esame della fattispecie in discorso ai giudici di merito.
La Corte ha chiarito che il distacco comporta la messa a disposizione di un altro soggetto, il lavoratore, per svolgere una attività il cui interesse, ai fini della formazione professionale, “non può che essere, per definizione, proprio del datore di lavoro, escludendo persino la concorrenza dell’interesse del distaccatario”.
Pertanto, secondo la Cassazione il riconosciuto notevole livello professionale raggiunto dalla lavoratrice e il fatto che già avesse partecipato a numerosi altri corsi di formazione rappresentano elementi che, in astratto, appaiono idonei a giustificare la scelta organizzativa di disporre il distacco.
In conclusione la Corte, nel ribadire che nel caso di distacco prevale in via esclusiva l’interesse del distaccante, ha chiesto al giudice del rinvio di verificare se il rifiuto opposto dalla lavoratrice fosse o meno giustificato dalla discrezionalità della scelta datoriale in relazione alle finalità perseguite.
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