L’art. 4 della legge n. 223/91, al comma 9 prevede che il datore di lavoro, siglato l’accordo sindacale o esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, possa mettere in mobilità i lavoratori comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso.
Contestualmente, l’elenco di tali lavoratori, con l’indicazione per ognuno di essi del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, della età, del carico di famiglia, nonché la puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, della legge citata, deve essere comunicato per iscritto agli uffici competenti e alle associazioni di categoria.
Nel caso esaminato dalla Cassazione nella sentenza in oggetto, il datore di lavoro ha inviato alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici le comunicazioni di cui sopra dopo trenta giorni dalla notifica del recesso, in tal modo violando la disposizione che prevede invece la contestualità.
Il Tribunale di Bologna e la Corte di Appello di Bologna – su richiesta di un lavoratore – hanno entrambe dichiarato inefficace il recesso intimato al medesimo, ma il datore di lavoro ha presentato ricorso in Cassazione ritenendo che si dovesse tenere conto della ragionevole breve entità del ritardo (30 gg.) che non aveva di certo impedito l’esercizio del diritto alla impugnazione del detto recesso in relazione alla conoscibilità delle ragioni delle scelte operate dall’impresa.
La Cassazione, con la allegata sentenza n. 2166/09, ha in proposito richiamato innanzitutto alcune pronunce delle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. N. 302/00; Cass. Sez. Un. n. 419/00) le quali sono già intervenute a comporre il contrasto giurisprudenziale sorto in materia e affermato il principio secondo cui la richiamata legge n. 223 ha il fine di tutelare gli interessi pubblici e collettivi e, in modo particolare, gli interessi dei lavoratori coinvolti nella procedura in parola.
In tale ambito, sempre le Sezioni Unite hanno precisato che: “la sanzione dell’inefficacia del licenziamento, ai sensi dell’art. 5, comma 3, ricorre anche in caso di violazione della norma di cui al comma 9 dell’art. 4, che impone al datore di lavoro di dare comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali, delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare”.
La Corte, nella sentenza in esame, ha affermato che non è possibile ritenere che l’impresa interessata possa intimare i licenziamenti e provvedere solo successivamente ad inviare le comunicazioni ex lege, salvo i casi di forza maggiore, e, altresì, non è ammissibile il condividere altre impostazioni nell’ambito della giurisprudenza di legittimità.
Inoltre, affermare che il dipendente non abbia subito un pregiudizio dall’avvenuto ritardo perché può impugnare il recesso entro 60 gg., significa sostenere che un temine di decadenza possa essere abbreviato dal comportamento del soggetto passivo della procedura in esame.
In conclusione, con la sentenza n. 2166, la Cassazione accoglie l’orientamento “assolutamente prevalente” in materia secondo il quale: “il requisito della contestualità della comunicazione del recesso alle organizzazioni sindacali e alle indicate amministrazioni pubbliche, comunicazione sicuramente richiesta a pena di inefficacia del licenziamento, non può essere valutato, in una procedura temporalmente cadenzata in modo rigido ed analitico e con termini decisamente ristretti, nel senso di una necessaria contemporaneità la cui mancanza vale ad escludere la predetta sanzione della inefficacia del licenziamento solo se dovuta a giustificati motivi di natura oggettiva da comprovare dal datore di lavoro”. (Cass. n. 15898/05; Cass. n. 5578/04; Cass. n. 13457/00).
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