Con la sentenza 348 del 22 ottobre 2007 la Corte Costituzionale è tornata sulla questione della legittimità costituzionale del criterio di calcolo dell`indennità d`esproprio di aree edificabili, contenuto nell`art. 5 bis del Decreto Legge 333/1992 convertito dalla Legge 359/1992, oggi confluito nell`art. 37 del DPR 327/2001 “Testo Unico Espropri””.
Tale criterio (media tra valore venale e reddito dominicale e detrazione del 40%) – previsto in origine in via transitoria fino all`emanazione di una disciplina organica in materia e giustificato dalla grave congiuntura economica del Paese all`inizio degli anni 90 – determina nella pratica un indennizzo oscillante fra il 50 e il 30% del valore di mercato del bene, ulteriormente decurtato dell`imposta fiscale che si attesta su valori di circa il 20%.
Invertendo il proprio orientamento (fra tutte sentenza 283/1993), la Consulta ha censurato l`art. 5 bis DL 333/92 e l`art. 37 TUE, dichiarandone l`illegittimità per contrasto con l`art. 117, comma 1 della Costituzione e, in via indiretta, con l`art. 1 del primo Protocollo della Convenzione Europea dei Diritti dell`Uomo (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata fin dal 1955.
L`art. 117, comma 1, Cost. – nel testo modificato dalla Legge Cost. 3/2001 – impone allo Stato e alle Regioni di esercitare la loro potestà legislativa nel rispetto, tra l`altro, degli obblighi internazionali, fra i quali vi rientrano anche quelli derivanti dalla CEDU.
In particolare, l`art. 1 del primo Protocollo della CEDU tutela la proprietà privata e la Corte europea dei diritti dell`uomo, interpretando tale disposizione, ha più volte censurato la normativa italiana sull`indennità di esproprio delle aree edificabili per contrasto con la CEDU (fra le tante sentenza 29 marzo 2006, causa Scordino contro Italia).
La Corte europea dei diritti dell`uomo ha fissato alcuni principi generali in tema di proprietà privata ed espropriazione, e cioè:
–un atto della p.a. che incide sul diritto di proprietà deve realizzare un giusto equilibrio tra le esigenze dell`interesse pubblico e la salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui
–l`indennizzo non è legittimo se non consiste in una somma che si ponga in rapporto ragionevole con il valore del bene, e quindi deve costituire un serio ristoro al proprietario
–l`indennizzo non deve necessariamente coincidere con il valore venale del bene, ma questo deve rappresentare comunque il punto di riferimento per determinarlo
–in caso di espropriazione “isolata”” e cioè al di fuori di vasti programmi di opere pubbliche solo una riparazione integrale può essere considerata in rapporto ragionevole con il valore del bene
–obiettivi di pubblica utilità, come quelli perseguiti da misure di riforma economica o di giustizia sociale possono giustificare un indennizzo ridotto.
La Corte Costituzionale riprendendo questi principi ha precisato che il criterio di calcolo previsto dall`art. 5 bis, commi 1 e 2 DL 333/92 e l`art. 37, commi 1 e 2 TUE non permette di determinare un`indennità seria, congrua ed adeguata, essendo inferiore alla soglia minima accettabile di riparazione del danno subito dai proprietari. Tale criterio infatti, pur adottando come punto di partenza il valore venale del bene, si avvale successivamente di elementi del tutto sganciati da esso fino ad arrivare a risultati molto, troppo lontani dal prezzo di mercato.