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Rivalutazione dei beni immobili d'impresa (Art. 15, co. 16-23, D.L. 185/08) riconosciuta anche alle imprese individuali e Società di Persone in contabilità semplificata, ma definitivamente esclusa per i beni merce. Così l'Agenzia delle Entrate nella C.M. 8/E/2009

Archivio, Fiscalità e incentivi

Rivalutazione dei beni immobili d`impresa – Chiarimenti ministeriali

17 Marzo 2009
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La rivalutazione dei beni immobili d’impresa, introdotta dall’art.15, commi 16-23 del D.L. 185/2008, convertito con modificazioni in Legge 2/2009 può assumere anche valenza esclusivamente civilistica, senza alcun obbligo di versamento dell’imposta sostitutiva.
Inoltre, tra i soggetti ammessi al beneficio sono incluse anche le imprese individuali e le società di persone in contabilità semplificata.
Queste alcune delle precisazioni contenute nella Circolare Ministeriale n. 8/E del 13 marzo 2009, con la quale trovano conferma ufficiale le precisazioni interpretative fornite dall’Amministrazione finanziaria in occasione dei recenti incontri con la stampa specializzata.
Come noto, il decreto legge 29 novembre 2008, n.185 – cd. “Decreto anticrisi” –, convertito nella Legge 2/2009 e modificato dall’art. 5, comma 1, del D.L. 5/2009, dispone, all’art. 15 commi 16-23, la riapertura dei termini per la rivalutazione dei beni d’impresa, già prevista dalla Legge 21 novembre 2000, n. 342, ed oggetto di successive proroghe e riaperture, da ultimo, dall’art.1, commi 469-476, della Legge 266/2005 (Finanziaria 2006).
1. Soggetti ammessi
2. Beni rivalutabili e condizioni di applicabilità
3. Effetti della rivalutazione
3.1 Effetti fiscali: imposta e decorrenza
4. Aspetti contabili: il saldo attivo
5. Affrancamento del saldo attivo
1. Soggetti ammessi
Il D.L. 185/2008 all’art. 15, comma 16, enuncia i soggetti ammessi a fruire della rivalutazione, rientranti nell’art. 73, comma 1, lettere a) e b) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917.
In particolare si tratta di:
  • Società per azioni e in accomandita per azioni;
  • Società a responsabilità limitata;
  • Società cooperative e società di mutua assicurazione;
  • Società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;
  • Enti pubblici e privati diversi dalle società nonché i trust, residenti nel territorio dello stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.
Sono altresì ammessi, ai sensi dell’art. 15, comma 16, del D.L. 185/2008, le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice ed equiparate, che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio.
Tra i soggetti ammessi al beneficio, la C.M. 8/E/2009 conferma la possibilità di rivalutare i beni anche alle imprese individuali e alle società di persone in contabilità semplificata, come già espressamente previsto all’art. 15 della Legge 342/2000 (richiamato dall’art. 15, comma 23, del D.L. 185/2008)
Diversamente, risultano esclusi i soggetti che determinano il reddito su base forfetaria e le società semplici e gli enti ad esse equiparate.
2. Beni rivalutabili e condizioni di applicabilità
Come enunciato nell’art. 15, comma 16, D.L. 185/2008, la rivalutazione è concessa per i beni immobili dell’impresa risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2007 e va eseguita con riferimento al bilancio relativo all’esercizio successivo.
Sono ammessi, dunque, alla rivalutazione:
  • i fabbricati strumentali, iscritti in bilancio tra le immobilizzazioni materiali, non destinati alla vendita;
  • i fabbricati non strumentali, iscritti in bilancio tra le immobilizzazioni materiali, non destinati alla vendita.
Sono rivalutabili, inoltre, anche i beni acquisiti in leasing, a patto che su di essi sia stato esercitato il diritto di riscatto entro la chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2007. Così conferma la C.M. 8/E/2009, come già chiarito dalla stessa Amministrazione finanziaria nelle precedenti C.M. 57/E/2001 e C.M. 18/E/2006.
Non possono invece essere rivalutati:
  • i beni merce (ossia i beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività, per esempio il magazzino delle imprese edili);
  • le aree fabbricabili.
In tal ambito, l’Amministrazione, nella C.M. 8/E/2009, ribadisce che i beni oggetto della rivalutazione devono risultare iscritti tra le immobilizzazioni sia nel bilancio 2007 che in quello dell’esercizio successivo (relativamente, cioè, all’esercizio in corso al 31 dicembre 2008, nel quale la rivalutazione deve essere effettuata).
è quindi esclusa la possibilità di rivalutare i beni che risultassero iscritti tra i “beni merce” nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2007 e che, solo nel 2008, venissero iscritti tra le immobilizzazioni.
Inoltre, si ricorda che, come precisato dall’art. 15 , comma 17, del D.L. 185/2008, la rivalutazione deve avvenire nel bilancio o rendiconto successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, e non può essere eseguita per singoli cespiti, ma deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea.
I requisiti di appartenenza alle categorie omogenee vanno verificati alla data di chiusura del bilancio nel quale la rivalutazione è stata eseguita (C.M. 57/E/2001), quindi, in caso di esercizio coincidente con l’anno solare, al 31 dicembre 2008.
Nel caso in cui dovessero essere oggetto di rivalutazione, non tutti, ma solo alcuni dei beni appartenenti alla stessa categoria omogenea, vengono disconosciuti gli effetti fiscali della rivalutazione (C.M. 57/E/2001[1]).
Il valore attribuito ai singoli beni, a seguito della rivalutazione, non può risultare in nessun caso superiore (art. 11, comma 2, Legge 342/2000 e art. 6, D.M. 162/2001) al:
  • valore realizzabile nel mercato, tenuto conto dei prezzi di mercato;
  • maggiore valore che può essere fondatamente attribuito in base alla valutazione della capacità produttiva;
  • maggior valore che può essere fondatamente attribuito in base alla valutazione della possibilità di utilizzazione economica dell’impresa.
Sulla base di tali affermazioni, è possibile individuare due criteri di valutazione:
– uno interno, che tiene conto del degrado fisico e dell’obsolescenza del bene;
– un secondo criterio che dipende, invece, dal mercato.
Il limite massimo entro cui può essere effettuata la rivalutazione è rappresentato dal maggiore tra le due suindicate grandezze.
Deve inoltre essere utilizzato un unico criterio (tra quelli appena elencati) per i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea (art. 4, comma 8, D.M. 162/2001).
Per le modalità di esecuzione della rivalutazione, l’art. 5 del D.M. 162/2001 prevede tre metodi alternativi:
  1. rivalutazione contestuale del costo storico del cespite unitariamente alla rivalutazione del relativo fondo;
  2. la sola rivalutazione del costo storico del cespite;
  3. la riduzione del fondo di ammortamento.
3. Effetti della rivalutazione
La C.M. 8/E/2009 ribadisce che la possibilità di riconoscere maggior valore ai beni oggetto della rivalutazione può avere efficacia solamente a livello civilistico e non necessariamente anche a livello fiscale.
In sostanza, mentre nei precedenti provvedimenti, l’efficacia della rivalutazione sia ai fini civilistici che fiscali era subordinata al pagamento dell’imposta sostitutiva, nell’attuale previsione, gli effetti civilistici e quelli fiscali risultano autonomi.
L’impresa, quindi, potrà valutare diverse alternative per la rivalutazione degli immobili:
– rivalutare ai soli fini civilistici, senza il pagamento dell’imposta sostitutiva;
– rivalutare ai fini civilistici e fiscali, versando l’imposta sostitutiva sui maggiori valori attribuiti agli immobili;
– rivalutare sia ai fini civilistici che fiscali, versando l’imposta sostitutiva in relazione ai maggiori valori attribuiti agli immobili ,ed affrancare il saldo attivo di rivalutazione con un ulteriore imposta sostitutiva.
3.1 Effetti fiscali: imposta e decorrenza
Circa il costo fiscale della rivalutazione, il comma 20 dell’art. 15 del D.L. 185/2008 (come modificato dal D.L. 5/2009) prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (IRPEF/IRES) e dell’IRAP, da applicare sul maggior valore attribuito ai beni, con aliquota pari al:
  • 1,5% per i beni non ammortizzabili;
  • 3% per i beni ammortizzabili.
L’imposta sostitutiva può essere versata, a scelta dal contribuente, o in un’unica soluzione entro il termine di versamento delle imposte relative all’esercizio nel corso del quale la rivalutazione è effettuata ovvero in tre rate, con la corresponsione degli interessi legali nella misura del 3% sulla seconda e sulla terza rata (art. 15, comma 22, D.L. 185/2008). Quindi, laddove la rivalutazione venga effettuata nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2008, l’imposta in un’unica soluzione ovvero la prima rata dovrà essere versata entro il 16 giugno 2009.
La nuova norma inoltre, all’art. 15, comma 22, ha previsto che l’imposta sostitutiva possa essere oggetto di compensazione, ai sensi del D.Lgs. 241/1997.
La C.M. 8/E/2009 specifica che, in assenza di pagamento dell’imposta sostitutiva, la rivalutazione non produce alcun effetto fiscale, neppure ai fini dell’IRAP.
Per espressa previsione normativa (art. 15, commi 20-21, D.L. 185/2008 ), gli effetti fiscali della rivalutazione, ai fini delle imposte sul reddito (IRES/IRPEF) e dell’IRAP, decorrono:
– dal quinto esercizio successivo a quello in cui è stata effettuata la rivalutazione (in sostanza, dal 2013), per il riconoscimento del maggior valore di tali beni, ai fini dell’ammortamento fiscale.
In tal ambito, l’Amministrazione Finanziaria ha inoltre precisato che anche l’efficacia ai fini del plafond per il calcolo delle spese di manutenzione delle immobilizzazioni materiali, deducibili nel limite del 5%del costo di tutti i beni materiali ammortizzabili[2] decorre dal quinto esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita;
– dal sesto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita (in sostanza, dal 2014), ai fini del calcolo della plusvalenza imponibile nell’ipotesi di cessione degli immobili.
Tale disposizione comporta che, qualora l’immobile sia ceduto (o assegnato ai soci o destinato a finalità estranee all’esercizio d’impresa o al consumo personale o familiare dell’imprenditore) prima dell’inizio del sesto periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata effettuata la rivalutazione (in sostanza, prima del 1° gennaio 2014, in caso di periodo d’imposta coincidente con l’anno solare), la plusvalenza imponibile sarà determinata in base al costo del bene prima della rivalutazione.
In tal caso trova applicazione l’art. 3, comma 3, del D.M. 86/2002 (e precisato anche nella C.M. 18/E/2006) che stabilisce che al soggetto che ha eseguito la rivalutazione è attribuito un credito d’imposta (ai fini delle imposte sul reddito) pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva pagata riferibile ai beni ceduti.
In tal ambito, la C.M. 8/E/2009, con riferimento ad operazioni di Sale and Lease back, chiarisce che la stipula di un contratto di lease-back nel periodo di sospensione dell’efficacia fiscale, concretizzandosi in un’operazione che comporta il trasferimento giuridico del diritto della proprietà del bene, determina la decadenza dal beneficio, con il conseguente riconoscimento del credito d’imposta di cui al citato art.3, comma 3, del D.M. 86/2002.
4. Aspetti contabili: il saldo attivo
La differenza tra il nuovo ed il precedente valore, a livello contabile, dà luogo ad un saldo attivo che, ai sensi dell’art. 15, comma 18, del D.L. 185/2008 deve essere imputato a capitale o accantonato in una speciale riserva in sospensione d’imposta (con la dicitura “riserva ex D.L. 185/2008”), escludendo così ogni diversa forma di utilizzazione o destinazione.
In base all’art. 13, comma 3, della Legge 342/2000, qualora il saldo attivo risultante dalla rivalutazione venga attribuito ai soci, lo stesso, aumentato dell’imposta sostitutiva, concorre a formare il reddito imponibile della società che ha eseguito la rivalutazione, partecipando così alla formazione del reddito.
5. Affrancamento del saldo attivo
L’art. 15, comma 19, del D.L. 185/2008 prevede la possibilità di svincolare fiscalmente la riserva generata a seguito della rivalutazione attraverso l’affrancamento, con il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sul reddito e dell’IRAP, pari al 10%[3].
A seguito dell’affrancamento, infatti, l’attribuzione ai soci del saldo attivo non genera più materia imponibile per la società.
Ai sensi dell’art. 15, comma 22, il versamento dell’imposta sostitutiva può avvenire o in un’unica soluzione entro il termine di versamento delle imposte relative all’esercizio nel corso del quale la rivalutazione è effettuata ovvero in tre rate, con la corresponsione degli interessi legali nella misura del 3% sulla seconda e sulla terza rata.


[1] Si ricorda che, con la successiva C.M. 18/E/2006 è stato chiarito che il contribuente potrà tuttavia impedire la decadenza dalla rivalutazione sui beni rimanenti qualora, anche in sede di accertamento, provveda al versamento dell’imposta sostitutiva non versata con riferimento al bene illegittimamente escluso, maggiorata di sanzioni ed interessi previsti per legge. Tuttavia, l’assolvimento di tale onere non comporta anche il riconoscimento del maggior valore relativo ai beni esclusi dalla rivalutazione.
[2] Ai sensi dell’art. 102, comma 6 del D.P.R. 917/1986, secondo il quale “le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quali risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili […]”.
[3] Si ricorda che, con la C.M.18/E/2006, è stato precisato che l’imposta sostitutiva va calcolata sull’intero importo del saldo attivo di rivalutazione, al lordo dell’imposta sostitutiva versata per il riconoscimento dell’efficacia fiscale della rivalutazione.

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