Premesso che la decadenza di un vincolo espropriativo determina una situazione equiparabile all`assenza, per l`area interessata, di una destinazione urbanistica, i giudici del Tar Lazio hanno individuato le possibili alternative che i privati proprietari possono esperire al sopraggiungere di tale evenienza.
L`art.2 della Legge 1187/1968, richiamato dalla sentenza, individuava, infatti, un termine quinquennale per tutti i vincoli, stabiliti nel piano regolatore, preordinati all`espropriazione. Se, infatti, entro cinque anni dalla data di approvazione del Prg non fossero stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati, i vincoli espropriativi perdevano la loro efficacia.
I giudici amministrativi hanno stabilito pertanto, nella sentenza della sezione I del 26 aprile 2004, n.3544, che il proprietario dell`area gravata da vincolo scaduto, con conseguente perdita di destinazione, ha la facoltà di: promuovere gli interventi regionali sostitutivi oppure, attraverso lo strumento del silenzio-rifiuto, far dichiarare l`obbligo del Comune di attribuire una nuova destinazione all`area oggetto di vincolo decaduto; in secondo luogo è anche possibile far valere il diritto al risarcimento del danno derivati dal ritardo o dall`inerzia in ordine alla adozione delle determinazioni circa la destinazione dell`area, ai sensi degli art. 34 e 35 D.L. n. 80 del 1998 e secondo i principi enunciati dalla sentenza n. 500 del 1999 delle Sezioni unite della Cassazione civile.
A corredo di quanto sopra si precisa che, ai sensi dell`art.9, co.3, del T.U. Espropriazioni, se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell`opera, il vincolo preordinato all`esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall`articolo 9 del T.U. Edilizia.
In particolare il co.2 dell`art.9 del T.U. Edilzia stabilisce che, nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l`edificazione, sono consentiti: “interventi di manutenzione ordinaria””, “interventi di manutenzione straordinaria””, “interventi di restauro e di risanamento conservativo”” e “interventi di ristrutturazione edilizia”” che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purchè il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell`interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione.