[La Repubblica – Affari & Finanza – 07/11/2011 – di Massimo Riva]
Flop infrastrutture: le Grandi Opere crollano del 10,8%
«Quand le batiment va, tout va». Ancor prima che Keynes s`inventasse il suo noto apologo sull`utilità di far scavare buche magari solo per tornare a riempirle, i francesi avevano già immortalato con questo non meno celebre detto l`importanza fondamentale dell`attività edilizia e delle opere pubbliche in genere come volano di spinta per l`intero sistema economico.
Un teorema tanto più valido quando si tratti di rianimare una fase congiunturale debole o addirittura depressa.
Gli italiani di memoria più solida non possono aver dimenticato, del resto, che Silvio Berlusconi scelse proprio il tema delle infrastrutture come perno centrale del suo programma di Governo al momento del suo esordio in politica. Memorabile resta, infatti, la sua apparizione televisiva nella quale su una carta d`Italia tracciata alla buona si esibì, pennarello alla mano, nel disegnare un fantastico programma di costruzione di nuovi porti, autostrade, linee ferroviarie che avrebbero dovuto trasformare il nostro Paese in una sorta di Bengodi del traffico di uomini e merci, con l`implicita conseguenza di spingere la crescita di tutta l`economia e così far rientrare anche la disoccupazione entro limiti fisiologici.
Pur nell`alternanza di governi fra destra e sinistra nei lunghi anni trascorsi da allora, alcune opere sono state effettivamente realizzate. Da Torino a Napoli passando per Milano, Bologna, Firenze e Roma l`alta velocità ferroviaria è in esercizio.
Seppure con ritardi biblici è stato sciolto il nodo autostradale più intasato d`Europa in quel di Mestre. Ma nel primo come nel secondo caso si trattava di opere i cui finanziamenti erano stati già appostati da lungo tempo nel bilancio dello Stato.
Per il resto è accaduto che a dispetto della lezione di Keynes e del monito dei francesi proprio quando la crescita economica ha cominciato a frenare, anzichè forzarne il passo con nuovi investimenti, lo Stato ha chiuso i cordoni della borsa, rinunciando alle infrastrutture come strumento di rilancio dell`economia.
Al riguardo i dati degli anni più recenti sono davvero drammatici. Un osservatorio affidabile come il Cresme ha stimato che quest`anno si chiuderà con una caduta delle opere pubbliche nell`ordine del 10,8 per cento rispetto al 2010. Anno che, a sua volta, aveva segnato un meno 11 per cento sul precedente, che era poi già sceso del 7 per cento sul 2008, e quest`ultimo aveva chiuso in calo del 6 per cento sull`anno precedente.
Insomma, negli ultimi quattro anni, il mercato dei lavori pubblici ha subito un ridimensionamento del suo volume di oltre il 35 per cento. E per l`anno in corso le notizie non sono migliori quanto al mercato delle costruzioni nel suo complesso, stimato a un meno 7,9 per cento.
Certo, gli ultimi sono stati anche gli anni più difficili per i riflessi sul bilancio pubblico della crisi finanziaria generale e il 22 per cento perduto nel biennio 2010/2011 può spiegarsi con l`effetto delle politiche di tagli della spesa operati sotto la pressione dei mercati e dei diktat europei.
Ma il fenomeno può spiegarsi, non anche giustificarsi. Nel senso che la tecnica dei tagli lineari e indiscriminati, prediletta dal ministro dell`Economia, Giulio Tremonti, ha mostrato particolarmente in questo campo il suo volto peggiore perchè ha fatto cadere sotto la scure del rigore finanziario anche quel genere di spesa che sarebbe stata (e lo sarebbe ancora) la più adatta a sostenere la crescita del sistema e quindi a rendere più tollerabile il peso abnorme del debito pubblico.
Ora, sebbene con un incomprensibile ritardo, il Governo sembra volersi acconciare a inserire nell`attesa manovra per lo sviluppo interventi mirati a ridare ossigeno al boccheggiante capitolo delle infrastrutture. Ma la prima impressione è che anche stavolta l`orizzonte del Governo non riesca ad andare aldilà del ricorso a malcerti espedienti.
Poichè le casse pubbliche sono vuote ovvero poichè ci si continua a rifiutare una revisione radicale della spesa con spostamenti fra capitoli del bilancio più e meno essenziali si punta al “finanziamento di opere infrastrutturali mediante defiscalizzazione””. In altre parole, alle imprese concessionarie delle varie opere si intende offrire una parziale riduzione degli oneri tributari per Ires ed Irap. Saranno sufficienti questi sgravi a far ripartire il sistema?
Va notato che perfino un braccio armato del Tesoro, quale la Cassa Depositi e Prestiti, ha già sollevato fieri dubbi sulla proposta anche perchè i promessi bonus fiscali andrebbero a sostituire i precedenti contributi diretti dello Stato con un saldo finale pari o addirittura inferiore allo zero.
Esattamente la stessa cifra che, a questo punto, si deve assegnare al Governo presieduto da Silvio Berlusconi nella pagella delle opere pubbliche.