Si fa seguito alle comunicazioni sulla materia (cfr. da ultimo la News Ance n. 1476/11), per informare che il Ministero del lavoro, con l’allegata circolare n. 29/11, ha fornito istruzioni operative riguardo la nuova disciplina del contratto di apprendistato definita dal decreto legislativo n. 167/2011, con riferimento al regime transitorio e alle disposizioni sanzionatorie di cui all’articolo 7.
Si rammenta che il comma 7 del predetto articolo 7 stabilisce che, per le Regioni e i settori ove la nuova normativa non sia immediatamente operativa, trovano applicazione, in via transitoria e non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, ossia fino al 25 aprile 2012, le regolamentazioni vigenti.
Viene quindi previsto un periodo transitorio di sei mesi, con applicazione delle discipline in atto, affinché le Regioni e i contratti collettivi possano conformarsi alla riforma, al termine del quale dovrà applicarsi esclusivamente quanto sancito dal Testo Unico.
A tal proposito, il dicastero chiarisce, innanzitutto, che il regime transitorio non opera per l’apprendistato di alta formazione e di ricerca, poiché, in assenza di regolamentazioni regionali, l’attivazione di tali contratti può essere immediata, in quanto rimessa ad apposite convenzioni tra il datore di lavoro o le associazioni di riferimento e le Università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca.
Peraltro, in ordine all’apprendistato di alta formazione, è da tener presente che qualora sussista già una disciplina regionale dell’istituto, ai sensi del d.lgs. n. 276/2003 che lo ha introdotto, la stessa resta in vigore fino al recepimento, da parte della medesima Regione, delle nuove disposizioni, e comunque non oltre i sei mesi prescritti.
Per l’ apprendistato professionalizzante e per l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, invece, a fronte dell’inapplicabilità della nuova disciplina per carenza del contestuale intervento delle singole Regioni e della contrattazione collettiva (interconfederale o di categoria), rimangono valide, per un periodo massimo di sei mesi, le disposizioni di legge, statale e regionale, e dei contratti collettivi, che attualmente disciplinano la materia, comprese quelle di tipo sanzionatorio.
Sul punto, è comunque auspicabile – precisa il Ministero – che, al fine di evitare problematiche applicative, le Regioni adottino le regolazioni di competenza stabilendone l’efficacia solo alla scadenza del periodo transitorio.
Con riguardo, in particolare, all’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere si evidenzia che, nella fase transitoria, l’istituto potrà essere già operativo secondo le nuove regole, ma solo nel caso in cui la singola Regione, la contrattazione collettiva nazionale di riferimento, ovvero eventuali accordi interconfederali, anche di tipo territoriale, abbiano recepito la riforma e, quindi, disciplinato i profili di rispettiva competenza.
La nota sottolinea, inoltre, come, in carenza di una concreta offerta formativa pubblica per l’acquisizione di competenze di base e trasversali da parte della Regione, il T.U. riconosca la possibilità di attivare tale contratto sulla base della sola disciplina contrattuale novellata ai sensi del d.lgs. n.167/2011, con svolgimento, pertanto, della formazione esclusivamente a carico del datore di lavoro.
Per l’attuazione dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale è necessario un accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, volto alla regolamentazione dei profili formativi. Viene precisato che, nel periodo transitorio, sarà possibile assumere minori per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione solo nelle Regioni che abbiano stipulato le necessarie intese con i Ministeri competenti, ai sensi dell’art. 48 del d.lgs. n. 276/2003. Per le altre Regioni, invece, rimane applicabile – sempre per il periodo transitorio – la disciplina dettata dalla legge n.196/97 e dalla legge n. 25/55.
Il Ministero conferma che per i lavoratori in mobilità è possibile instaurare immediatamente un rapporto di lavoro tramite tutte e tre le tipologie di apprendistato, nei limiti di quanto predetto. Anche per tali lavoratori, qualora non sia operativa la nuova disciplina, trova applicazione la normativa previgente, fermo restando le specifiche disposizioni in deroga alla disciplina generale.
Per quanto attiene il regime sanzionatorio, il Testo Unico prevede all’art. 7, comma 1, che “in caso di inadempimento nell’erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità formative, il medesimo datore è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%”.
L’applicabilità di tale sanzione è quindi subordinata alla coesistenza di due condizioni: l’esclusiva responsabilità del datore di lavoro e l’impossibilità di conseguire gli obiettivi formativi.
Con riferimento, in particolare, all’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere – quello di maggior interesse per le imprese – la nota sottolinea che la responsabilità del datore di lavoro può configurarsi nell’ipotesi in cui lo stesso non consenta al lavoratore di seguire i percorsi formativi esterni all’azienda finalizzati all’acquisizione di competenze di base e trasversali e/o non effettui la parte di formazione interna da svolgersi sotto la responsabilità dell’azienda.
Alla verifica di un’eventuale formazione carente, la quale deve esplicitarsi in un grave inadempimento rispetto all’originario piano formativo individuale, non segue, tuttavia, necessariamente l’applicazione delle sanzioni previste, poiché il personale ispettivo può utilizzare lo strumento della disposizione di cui all’art. 14 del d.lgs. n.124/2004, assegnando un congruo termine al datore di lavoro per adempiere.
Deve trattarsi comunque di una carenza formativa recuperabile in un arco temporale ragionevole, con conseguente modifica, non sostanziale, del piano formativo individuale, tenendo presente – salve le ipotesi di proroga – la durata massima del periodo di formazione. Nell’ipotesi in cui non vi sia il tempo utile per recuperare il debito formativo, sarà applicabile subito la sanzione sopra riportata.
L’inottemperanza alla disposizione ispettiva comporta, inoltre, una sanzione amministrativa da 515 a 2.580 euro (art. 11, co.1, DPR n. 520/55).
Qualora, però, la formazione mancante sia esclusivamente quella derivante dall’offerta pubblica, il provvedimento di disposizione non potrà essere adottato e l’ispettore è tenuto solo a rilevare la carenza, dandone informativa all’apprendista.
Il comma 2 dell’art. 7 introduce, quindi, una sanzione da 100 a 600 euro per l’inosservanza dei principi generali di cui all’art. 2, co. 1, lettere a), b), c) e d), ossia la forma scritta del contratto, del patto di prova e del piano formativo, il divieto di retribuzione a cottimo, l’alternatività tra il sottoinquadramento del lavoratore e la percentualizzazione della retribuzione, la presenza del tutore o referente aziendale.
La norma prevede espressamente l’utilizzo della procedura di diffida obbligatoria e la possibilità di contestare la sanzione a tutti gli organi di vigilanza in materia di lavoro, quindi non solo al personale ispettivo del Ministero, ma anche a quello di Inps, Inail, Enpals, etc..
In particolare, circa la forma scritta del contratto, il Ministero chiarisce che la regolarizzazione dell’apprendistato è consentita non solo in caso di inosservanza nei contenuti delle disposizioni contrattuali, ma anche qualora la forma scritta sia del tutto assente. La formalizzazione del contratto, inoltre, non può ritenersi valida con la sola consegna della copia di comunicazione al Centro per l’impiego, ma esclusivamente con la consegna del contratto individuale di lavoro.
Si rammenta che è applicabile una sanzione maggiorata da 300 a 1.500 euro in caso di recidiva, ovvero qualora nei 5 anni successivi ad una violazione amministrativa accertata con ordinanza-ingiunzione se ne commetta un’altra, anche se non relativa alla stessa lettera del citato articolo 2 o che riguardi lavoratori diversi.
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