Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 5 marzo scorso, ha nuovamente affrontato il tema della “gravità” dell’irregolarità contributiva di cui dall’art. 38, co. 1, lett. i) del Codice degli Appalti (D.Lgs. n. 163/2006) in relazione alla esclusione dalle gare di appalto di coloro che abbiano commesso violazioni gravi definitivamente accertate in materia contributiva.
A tal proposito, è stato rammentato che sul tema esisto due correnti giurisprudenziali contrapposte.
La prima sosterrebbe che la gravità della violazione è rimessa agli istituti di previdenza che, per l’appunto, verificano la regolarità contributiva delle imprese per la partecipazione alle gare di appalto con la p.a. e le certificazioni da loro rilasciate si impongono alle stazioni appaltanti che non possono sindacarne il contenuto (Cons. Stato nn. 5531/2011; 2284/2011; 6907/2010).
Dello stesso parere è anche l’Autorità di Vigilanza sui pubblici contratti che, nella determina n. 1/2010, sancisce che il durc sia annoverato nelle dichiarazioni di scienza, assistite da fede pubblica privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c. e facenti prova fino a querela di falso.
La seconda corrente, invece, tende a rimettere alla stazione appaltante la discrezionalità circa la valutazione della irregolarità rilevata dal Durc, nel senso di poter valutare l’incidenza di tale irregolarità ai fini propri della specifica procedura di affidamento.
Da ciò, quindi, deriverebbe che, ai fini dell’accertamento della regolarità formale delle imprese, è necessario rimettersi agli istituti previdenziali, mentre ai fini dell’incidenza e della valutazione della irregolarità per la partecipazione al singolo appalto, sarà la stazione appaltante a dover valutare l’entità dell’irregolarità (Cons. Stato nn. 5186/2011; 3912/2011; 1228/2011).
In tale contesto, la modifica all’art. 38 apportata dal D.L. n. 70/2011 sembrerebbe aver risolto tale contrasto, nel senso che la gravità delle violazioni accertate viene valutata sulla base della possibilità o meno che a fronte di esse sia rilasciato il Durc secondo le regole stabilite dal DM 24/10/2007.
Tale previsione sembrerebbe, quindi, scongiurare ogni dubbio, in quanto l’impossibilità di rilasciare il Durc a fronte delle irregolarità riscontrate di cui al Dm 24/10/2007 rende di per sé gravi le violazioni commesse dall’impresa.
Si rammenta che, ai soli fini della partecipazione a gare di appalto, l’art.8 del decreto ministeriale sancisce che non osta al rilascio del Durc uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun Istituto previdenziale ed a ciascun Cassa edile. Non si considera grave lo scostamento inferiore o pari al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione o, comunque, uno scostamento inferiore ad Euro 100,00, fermo restando l’obbligo di versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio del Durc.
L’ordinanza precisa però che il novellato art. 38, pur avendo carattere interpretativo, non agisce retroattivamente, avendo il legislatore specificatamente indicato la data di decorrenza dell’applicazione del nuovo disposto normativo, e cioè quella della sua entrata in vigore (14 maggio 2011).
Quindi la novella legislativa avrebbe risolto il problema solo per il futuro, rimanendo però consistenti dubbi per ciò che concerne le gare effettuate anteriormente alla data sopraindicata, per le quali il Consiglio di Stato ha preferito rimetterne la soluzione del contrasto giurisprudenziale all’adunanza plenaria, che dovrà pertanto decidere se in tema di Durc negli appalti pubblici, dopo il 24/10/2007 (D.M. sul Durc) e prima del 24 maggio 2011, la valutazione circa la gravità della violazione previdenziale nelle gare sia automatica o resti riservata alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.
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