[www.ilsole24ore.com – 20/05/2012 – Gianni Trovati]
Imu, ecco le regole definitive per l’acconto da pagare entro il 18 giugno
Con la diffusione, venerdì sera, della circolare illustrativa dell’Economia, diventa definitivo il quadro di riferimento per il debutto dell’Imu, la cui prima rata va versata entro il 18 giugno con l’F24. A differenza di quanto accadeva con l’Ici, che dopo anni di rodaggio permetteva a una buona fetta di Comuni di indicare direttamente nei modelli di versamento l’importo dovuto da ogni contribuente, questa volta saranno i proprietari di case, negozi o altri immobili a dover lavorare di calcolatrice per individuare la somma da versare. Vediamo come:
Abitazione principale – regole generali
è naturalmente il caso più diffuso. Segue le regole generali per le abitazioni, con qualche variante in più. Il punto di partenza è dato dalla rendita catastale, che si trova nel rogito e va aggiornata del 5% prima di applicare il moltiplicatore previsto dal decreto di Natale. Prendiamo per esempio un bilocale con una rendita di 600 euro: con la rivalutazione del 5% (600*5/100 = 30) diventa 630. A questo pubblico può essere moltiplicata per 160, come prevede il decreto di Natale, per ottenere il valore catastale ai fini Imu: 630*160 = 100.800. A questo punto, si può passare alle aliquote, che per l’acconto di giugno sono quelle standard fissate dal decreto di Natale: per la prima casa, si tratta del 4 per mille: 100.800*4/1000 = 403 euro (sarebbe 403,2, ma la somma va arrotondata all’euro). Su questo valore vanno applicate le detrazioni: nel caso di famiglia senza figli, si tratta di 200 euro: 403-200 = 203 (chi ha figli conviventi fino a 26 anni di età, deve aggiungere 50 euro di detrazione per ciascuno).
Abitazione principale – acconto
Nell’abitazione principale, l’acconto può essere versato in unica soluzione a giugno o in due rate, a giugno e settembre (entro il 17). Nel primo caso, va pagato il 50% dell’imposta: 403/2 = 202 (sempre con l’arrotondamento). Se si sceglie la doppia rata, ognuna sarà pari al 33% dell’imposta: 403/3 = 134.
Abitazione principale – chi non paga
Chi possiede un immobile con rendita catastale ai fini Imu pari o inferiore a 50mila euro, e quindi con una rendita catastale non rivalutata fino a 297 euro, non deve preoccuparsi dell’acconto, perché la sua imposta netta è pari a zero, e di conseguenza l’Imu non chiama alla cassa. Un’eccezione alla regola generale, che per l’acconto impone di applicare l’aliquota standard nazionale, è offerta dalla circolare ai proprietari di immobili situati nei Comuni che decidono di abbassare l’aliquota o alzare la detrazione destinata all’abitazione principale. In questo caso, il proprietario deve calcolare se le scelte del suo Comune sono in grado di azzerare l’imposta: se così è, anche l’acconto viene azzerato.
Abitazione principale – le pertinenze
Rispetto all’Ici, la nuova imposta cambia anche la disciplina delle pertinenze, prevedendo che ogni immobile si possa “collegare” al massimo a tre unità, una per ognuna delle categorie catastali C/2 (magazzini e depositi), C/6 (autorimesse e box) e C/7 (tettoie aperte o chiuse). Di conseguenza, chi con l’Ici considerava pertinenziali all’abitazione principale due box o due cantine, dovrà scegliere quale continuare a “collegare” alla casa e quale invece trattare come «altro immobile»: dal momento che in categoria C il valore catastale è proporzionale alla metratura, conviene considerare pertinenziale la più grande fra le due unità tra cui scegliere
Abitazione principale – i versamenti
Terminate queste operazioni, si può passare al versamento. L’acconto d’imposta sull’abitazione principale va sommato a quello per l’abitazione, e la somma va indicata in F24 accompagnata dal codice tributo 3912, dedicato ai versamenti per l’abitazione principale.
Abitazioni principali “multiple”
La disciplina dell’Imu impedisce di considerare come abitazioni principali due case dello stesso nucleo famigliare situate nello stesso Comune. La circolare diffusa venerdì dal ministero dell’Economia, però, contiene due importanti aperture nei confronti dei contribuenti. La prima riguarda i coniugi non separati che siano residenti in due Comuni diversi: in questo caso, con una previsione nata soprattutto per tutelare chi trascorre la settimana in una città diversa dal coniuge per ragioni di lavoro, entrambi gli immobili possono essere considerati abitazione principale, e quindi sfruttare aliquote più leggere e detrazioni, purché naturalmente i due coniugi dimorino effettivamente nei due immobili. Se il secondo immobile è invece occupato dal figlio, l’agevolazione doppia può scattare anche quando entrambe le case siano nello stesso Comune.
Seconda casa – regole generali
Per le abitazioni diverse da quella principale, le regole sono più semplici nel calcolo e più complesse per i versamenti. Per individuare la somma, occorre effettuare un procedimento identico a quello previsto per l’abitazione principale, ma non ci sono detrazioni e l’acconto è obbligatoriamente versato in unica soluzione a giugno. Quindi: sul valore catastale da 100.800 euro considerato nell’esempio precedente va applicata l’aliquota standard del 7,6 per mille (100.800*7.6/1000 = 766 euro), e la somma così individuata va divisa per due, perché l’acconto è sempre del 50%: 766/2 = 383 euro.
Seconda casa – il versamento
A differenza di quanto accade nell’abitazione principale, il cui gettito va interamente all’ente locale, l’acconto per gli immobili diversi va diviso al 50% fra Stato e Comune. Di conseguenza, in F24 occorre indicare 192 euro (visto l’arrotondamento) con il codice tributo 3198 (altri fabbricati – quota comunale), e altrettanti nella riga sottostante con il codice tributo 3919 (altri fabbricati – quota erariale).
Altri immobili
Per negozi, uffici, capannoni e così via, le regole per il calcolo e per il versamento dell’acconto sono identiche a quelle applicate alla seconda casa. L’unica variabile da considerare è quella dei moltiplicatori da applicare alla rendita catastale aggiornata, che cambiano a seconda della tipologia di immobile: per gli uffici il moltiplicatore è 80, per gli immobili d’impresa è 60 e per i negozi è 55.