Primo Rapporto Ance-Cresme – Lo stato del territorio italiano 2012 – Le proposte Ance
Il dissesto idrogeologico
Dai dati dello studio Ance-Cresme emerge che nel nostro Paese è mancata finora una seria politica di tutela del territorio e dei cittadini.
Nel caso del dissesto idrogeologico, da una parte l’abusivismo, e dall’altra l’azione di certe amministrazioni locali che hanno visto nell’edilizia un modo per “fare cassa”, hanno sicuramente amplificato i danni degli eventi naturali.
Maggiori risorse da spendere più efficacemente
Occorre risolvere in prima battuta il nodo delle risorse, sia dal punto di vista degli stanziamenti che della spesa effettiva.
Basti pensare che gli stanziamenti per il ministero dell’Ambiente finalizzati alla tutela del territorio sono diminuiti del 91% negli ultimi 5 anni.
Dei 2 miliardi di euro stanziati tre anni fa dal Cipe per la riduzione del rischio idrogeologico sono stati impegnati meno del 10% dei fondi. Situazione identica per gli 800 milioni destinati alla messa in sicurezza delle scuole (impiegato finora meno del 10% delle risorse).
Dove trovarle
Si potrebbe ipotizzare la devoluzione di una percentuale dell’Imu, l’efficientamento dei tributi incassati dai Consorzi di bonifica, il ricorso alla finanza di progetto.
Come utilizzarle
Occorre valutare più attentamente l’utilizzo dei fondi, in modo da evitare gli errori del passato.
Per le situazioni maggiormente compromesse le risorse andrebbero impiegate per interventi di delocalizzazione urbana, che prevedano anche la demolizione e il trasferimento di volumetria.
Nell’ottica futura di uno sviluppo sostenibile andrebbero impiegate per sostenere una ordinaria politica di monitoraggio e manutenzione del territorio.
Pianificazione urbanistica più coerente
L’altro aspetto cruciale è quello che riguarda la pianificazione degli interventi.
E’ fondamentale un’effettiva integrazione sia tra le varie tipologie di piano (urbanistico, paesaggistico, commercio, ecc), che tra i differenti livelli decisionali (comunale, provinciale, regionale).
L’obiettivo è quello di mettere in campo politiche di compensazione e perequazione urbanistica con la presenza attiva degli enti locali.
Enti che dovranno non solo adeguare la propria pianificazione ma anche mettere a disposizione aree e immobili, anche per facilitare il riassetto urbano tramite gli interventi di delocalizzazione e gli spostamenti di volumi.
Il rischio sismico
Anche per quanto riguarda il rischio sismico la messa in sicurezza degli edifici è stata relegata, fino a oggi, ai margini delle politiche o comunque legata unicamente a situazioni di emergenza.
E’ mancata una visione globale: sono state emanate norme per rendere sicure e a basso consumo le nuove costruzioni, circa l’1% del parco edilizio, dimenticandosi quasi del restante 99%.
Mettere in sicurezza il patrimonio pubblico
L’adeguamento del patrimonio edilizio italiano, costruito in larga parte più di 40 anni fa, è indispensabile.
Assolutamente prioritario è intervenire sui 20.000 edifici pubblici (scuole, ospedali) che sono costruiti su aree ad alto rischio sismico. Proprio quegli edifici che, in caso di calamità, dovrebbero rappresentare il fulcro dell’attività di protezione civile.
Incentivi per riqualificare il patrimonio privato
Sono più di 3,5 milioni le unità immobiliari che necessitano di un intervento di messa in sicurezza.
Se oltre al miglioramento sismico si realizzasse anche la riqualificazione energetica, stimando un costo per unità di 50.000 euro, si raggiungerebbe un ammontare di circa 180 miliardi, pari a quasi il costo dei terremoti in 40 anni.
E tutto ciò raggiungendo il doppio obiettivo di sicurezza e risparmio energetico su un numero di immobili di gran lunga superiore a quelli della ricostruzione post-sisma.
Si propone di inserire il costo degli interventi per la sicurezza sismica tra quelli incentivati dalla detrazione fiscale del 55%, oggi in vigore per il risparmio energetico, senza alcun limite massimo d’importo di spesa.
Lo sgravio potrebbe essere utilizzato per un periodo di prova (dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015) e poi prorogato dopo un’attenta valutazione degli effetti prodotti.
Intervenire sul Patto di stabilità interno
Si propone di escludere dal Patto di stabilità interno degli enti locali le spese per la messa in sicurezza di scuole e territori. Investimenti necessari a garantire la qualità della vita dei cittadini e lo sviluppo del Paese.
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