Il Ministero dello Sviluppo Economico, in risposta alle sollecitazioni dell’ANCE, ha inviato una nota che finalmente chiarisce che il Decreto Legislativo n. 192/2012, di recepimento della nuova Direttiva UE contro i ritardati pagamenti, si applica anche al settore edile (all. 1).
Si tratta di un importante risultato per l’ANCE. L’associazione ha infatti condotto una forte azione, mettendo in campo ogni possibile iniziativa che, con il supporto della Commissione Europea, fosse mirata a garantire la piena applicazione della nuova normativa al settore dei lavori pubblici.
Le argomentazioni utilizzate dal Ministero a sostegno dell’inclusione dei lavori nell’ambito di applicazione della nuova normativa corrispondono a quelle sostenute dall’ANCE.
Inoltre, per quanto riguarda i rapporti tra imprese e Pubblica Amministrazione, la nota del Ministero riprende in larga misura i contenuti della circolare ANCE del 18 gennaio u.s., circa la ricostruzione delle modifiche che la nuova disciplina apporta sulle norme in tema di pagamenti contenute nel Codice dei Contratti e nel Regolamento di attuazione.
Restano ancora alcuni passaggi da chiarire, sui quali esiste una divergenza interpretativa con il Ministero
Si tratta, in particolare dei seguenti profili:
1. Termine per l’emissione del certificato di pagamento
Nella nota del Ministero, si ritiene che il D.Lgs. n. 231/2002 , come modificato dal D.Lgs. n. 192/2012, consenta di derogare contrattualmente al termine di 30 giorni previsto per l’emissione del certificato di pagamento. Tale deroga non potrebbe comunque superare il termine di 45 giorni previsto dall’art. 143, comma 1 del D.p.r. n. 207/2010, in virtù del principio che fa salve le vigenti disposizioni che contengono una disciplina più favorevole per il creditore (di cui all’art. 11, comma 2 del D.Lgs. n. 231/2002).
Tale ricostruzione, tuttavia, non appare pienamente convincente, per le seguenti considerazioni.
Anzitutto, va considerato che il termine di 45 giorni è da ritenersi abrogato dalla nuova normativa, in quanto incompatibile. Ne consegue che, dovendo ritenersi sostituito dal termine di 30 giorni, non sussiste più alcun margine, per le parti, di poter fissare nel contratto un termine superiore, sia pure nel limite dei 45 giorni.
D’altra parte, in base ai principi invocati, non appare possibile una reviviscenza di disposizioni che contengano una disciplina meno favorevole al creditore. Conseguentemente, il termine di 45 giorni, essendo meno favorevole rispetto a quello di 30 giorni fissato dalle nuove disposizioni, non può ritenersi ancora in vigore, e ciò neanche ai fini di una deroga contrattuale.
A tale considerazione deve aggiungersi che, sotto altro profilo, un termine diverso dai 30 giorni, laddove concordato tra le parti e previsto nella documentazione di gara, sarebbe comunque gravemente iniquo per il creditore, in quanto del tutto ingiustificato.
Infatti, è noto chela verifica relativa alla conformità al progetto dei lavori eseguiti è effettuata in modo progressivo dal direttore dei lavori (art. 185 del D.p.r. n. 207/2010) e sostanzialmente si esaurisce nel momento in cui i dati vengono riportati sul registro di contabilità e da questo viene estratto lo stato di avanzamento lavori (SAL), mentre le operazioni di verifica effettuate dal responsabile del procedimento si sostanziano essenzialmente nella richiesta del DURC.
Da questo punto di vista, non si ravvisa alcun motivo che possa giustificare un termine più lungo per l’effettuazione delle operazioni di verifica. Pertanto, una clausola difforme sarebbe da considerarsi del tutto iniqua.
2. Interessi in caso di ritardo nell’emissione del certificato di pagamento
In relazione all’ipotesi relativa al ritardo nell’emissione del certificato di pagamento per causa imputabile alla stazione appaltante, la nota ministeriale ritiene ancora applicabile il comma 1 dell’art. 144 del Regolamento, che prevede la decorrenza degli interessi corrispettivi al tasso legale per sessanta giorni e, in caso di ritardo ulteriore, la decorrenza degli interessi moratori nella misura stabilita dal decreto interministeriale, di cui all’art. 133, comma 1 del Codice.
Ad avviso dell’ANCE, viceversa, anche questa disposizione deve ritenersi abrogata dalla nuova disciplina.
Infatti, se è vero che il D.Lgs. n. 231/2002, come modificato dal D.Lgs. n. 192/2012, nel fissare un termine di trenta giorni per la fase di verifica della prestazione (che, come detto, culmina con l’emissione del certificato di pagamento), non prevede alcuna conseguenza nel caso che il termine non venga rispettato, è tuttavia da ritenere che tale lacuna debba essere necessariamente colmata in via interpretativa applicando la previsione sulla decorrenza degli interessi moratori stabilita espressamente per l’ipotesi di mancato pagamento nei termini.
Infatti, una diversa interpretazione, che, come quella fornita nella nota ministeriale, indicasse, per la mancata effettuazione nei termini di attività propedeutiche al mandato di pagamento, una sanzione economica di gran lunga inferiore a quella voluta dal legislatore comunitario, condurrebbe alla situazione paradossale di impedire il verificarsi della circostanza (ossia la mancata adozione del mandato di pagamento nei termini) da cui la nuova normativa fa discendere la corresponsione degli interessi, con ciò eludendo la finalità della normativa stessa.
In altre parole, l’amministrazione potrebbe trovare convenienza nel protrarre sine die l’emissione del certificato di pagamento e nel bloccare di fatto l’emissione del mandato. In tal modo, infatti, finirebbe per incorrere in una sanzione economica (come quella fissata dal decreto interministeriale di cui all’art. 133 del Codice) molto più lieve rispetto a quella prevista dal Decreto Legislativo n. 192/2012 per il ritardo nell’emissione del mandato.
Ciò, come detto, si risolverebbe in una palese elusione della finalità indicata dalla direttiva comunitaria 2011/7/UE, difficilmente giustificabile a fronte di una eventuale procedura di infrazione.
Tutto ciò considerato, è perciò da ritenere che anche la mancata adozione del certificato di pagamento entro il termine di trenta giorni dall’esecuzione dei lavori comporti la corresponsione degli interessi moratori nella misura stabilita dal D.lgs. n. 231 sin dal primo giorno di ritardo.
Resta fermo che il decreto interministeriale di cui al cennato art. 133 del Codice dei Contratti resta applicabile ai contratti stipulati anteriormente al 1° gennaio 2013.
Sulle questioni sopra illustrate, l’ANCE sta interessando gli uffici ministeriali di riferimento, al fine di ottenere definitiva chiarezza in merito.
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