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Il Consiglio di Stato interviene sui criteri da seguire nell'esercizio dell'attività di attestazione per la valutazione dei requisiti per la dimostrazione dell’idonea Direzione Tecnica delle imprese qualificate in OG2 e OS25 alla luce delle innovazioni introdotte dal D.P.R. n. 207/2010.

Archivio, Opere pubbliche

SOA: possibile la deroga all’architetto in OG2

6 Ottobre 2015
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Nella qualificazione in OG2 (relativa ad interventi su beni immobili sottoposti a tutela) sussiste ancora la possibilità di conservare l’incarico di direttore tecnico per quei soggetti che, indipendentemente dal titolo posseduto, erano già stati nominati quando era ancora vigente l’Albo Nazionale Costruttori (ossia ante 2000).
 
La stessa possibilità sussiste per i direttori tecnici di imprese qualificate nella categoria OS25, concernente gli interventi su beni archeologici.
 
E’ quanto deciso dalla VI sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 4290 del 15 settembre u.s., che è intervenuta a tutela di un’impresa cui era stato negato il rilascio dell’attestazione SOA nelle categorie OG2 e OS25, per la mancanza di un direttore tecnico provvisto degli idonei titoli elencati all’art. 248, comma 5 del D.P.R. n. 207/210, Regolamento sui contratti pubblici.
 
In particolare, “a valle” di tale decisione, anche le imprese operanti nelle suddette categorie potranno beneficiare della previsione derogatoria prevista dall’art. 357, comma 23, laddove ricorrano le seguenti condizioni di idoneità tecnica:
 
       a.     svolgimento della funzione di direttore tecnico alla data del 1. marzo 2000 (data di entra in vigore del sistema SOA); in mancanza di possesso dei titoli previsti dall’articolo 248 comma 5 del codice;
       
       b.    mantenimento incarico presso la stessa impresa.
 
 
1.  Precedenti a giudizio
 
La sentenza di merito del Consiglio di Stato conferma quanto deciso dal giudice di primo grado (sentenza TAR Lazio, Sezione III, del 21 febbraio del 2014 n. 2170), sovvertendo quanto precedentemente stabilito in sede cautelare (cfr. ordinanza n. 2978 dell’8 luglio 2014), in cui era stata negata la possibilità, per tutti i direttori tecnici di imprese attestate SOA, di mantenere tale incarico anche successivamente all’introduzione del D.P.R. 34/2000.
 
Con la sentenza di merito, il Consiglio, ha, quindi, superato il Comunicato dell’A.V.C.P., su cui la SOA aveva basato il diniego dell’attestazione all’impresa ricorrente in primo grado.
 
 
 
2. Quadro normativo
 
L’8 giugno 2011 è entrato in vigore l’art. 248, comma 5, del Regolamento sui contratti pubblici (D.P.R. n. 207/2010), il quale prevede che, per accedere alla qualificazione, il direttore tecnico dell’impresa attestanda debba essere, nell’ordine, per la categoria OG2, laureato in architettura o in conservazione di beni culturali, per la categoria OS2A e OS2B, restauratore di beni culturali (cfr. codice dei beni culturali) e, in ultimo, per la categoria OS25, in possesso dei titoli previsti dall’art. 95, comma 2, del Codice dei Contratti.
 
La problematica (su cui è intervenuto il Consiglio di Stato) nasce dalla circostanza che l’articolo 248 del citato Regolamento 207/2010 non ha testualmente riproposto la deroga prevista dall’art. 26, comma 7, dell’abrogato D.P.R. 34/2000, concernente la possibilità, per i direttori tecnici riconosciuti dall’Albo nazionale costruttori, di poter mantenere il proprio incarico, indipendentemente dai titoli posseduti.
 
Tale mancata riproposizione, tuttavia, è stata frutto verosimilmente, di un mero refuso, dovuto ad un non perfetto allineamento tra gli articoli 248, 87 e 357 del Regolamento.
 
 
 
3. Precedenti dell’ANAC (ex AVCP)
 
La problematica dei titoli dei direttori tecnici nella categoria di qualificazione dei beni culturali non è nuova.
 
Nella previgente disciplina, l’AVCP, con la determinazione n. 56/2000 (punto 30), aveva precisato – a fronte di un testo normativo poco chiaro – l’applicabilità anche per le categorie OG2, OS2-A, OS2-B, OS25 della deroga prevista dall’art. 26, comma 7 del D.P.R. 34/2000.
 
Dopo l’emanazione del Regolamento 207/2010, l’Autorità era sembrata, in un primo momento, favorevole a mantenere la suddetta estensione della disposizione derogatoria a tutte le categorie SOA (vedi “Modalità di dimostrazione dei requisiti di cui agli articoli 78 e 79 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207”).
 
Successivamente, tuttavia, a seguito di un parere del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’Autorità mutava l’orientamento, specificando che la suddetta disposizione derogatoria, non essendo più prevista nel Regolamento 207/2010, rendeva necessaria la verifica sul requisito di idoneità della direzione tecnica di tutti contratti di attestazione sottoscritti a far data di entrata in vigore dello stesso 207 (Comunicato n. 74, 1° agosto 2012).
 
La chiave di lettura adottata all’Autorità ha comportato che moltissimi operatori economici, in possesso dell’attestazione nelle categorie suddette, sono stati costretti a ricercare un nuovo direttore tecnico, pur avendo già al proprio interno un soggetto che da più di dieci anni già svolgeva tale funzione.
 
L’interpretazione dell’A.V.C.P. è stata, in seguito, confermata dall’A.N.AC. (cfr. p. 151 del c.d. “Manuale SOA”, adottato con il Comunicato del Presidente dell’A.N.AC. pubblicato in G.U. n. 251 del 28 ottobre 2014, ex multis cfr. News ANCE del 24 e 29 ottobre 2014).
 
 
 
4. Motivazioni della VI Sezione del C.d.S.
 
 
A favore di un’interpretazione estensiva alle categorie OG2 ed OS25 della deroga prevista nel regime transitorio del D.P.R. 207/2010, il Consiglio di Stato richiama, in primo luogo, il principio della parità di trattamento.
 
Ad avviso del Supremo Consesso, l’interpretazione dell’Autorità darebbe vita ad un’irragionevole disparità di trattamento fra le imprese che operano nelle categorie relative agli interventi sui beni culturali, rispetto a tutte le altre imprese, che possono, invece, avvalersi del sopracitato regime transitorio.
 
Peraltro, sempre secondo il Consiglio, non può essere richiamata la presenza di una differenza tra gli interesse coinvolti, poiché nel nostro ordinamento non è affidato un valore prioritario all’interesse pubblico della tutela del patrimonio culturale, a scapito di ogni altro bene o interesse.
 
Inoltre, sempre ad avviso di Palazzo Spada, non è dimostrabile che i direttori tecnici “in deroga” (qualificati sulla base dei certificati dei lavori eseguiti ed iscritti all’albo ANC) siano meno qualificati e, quindi, meno in grado di proteggere i beni su cui incidono i lavori affidati alla loro direzione.
 
Non viene ritenuta significativa neanche la circostanza che la norma derogatoria dell’art. 357, comma 23, faccia espresso riferimento solo alla sola norma generale contenuta all’art. 87, poiché l’art. 248, comma 5, è una norma che specifica e esplica i contenuti dello stesso art. 87, adeguandoli alla peculiarità delle lavorazioni su beni culturali.
 
Quest’ultimo comma, invero, non ha la funzione di derogare all’art. 87, comma 2, ma di specificare il titolo di studio richiesto per assicurare l’idonea direzione tecnica dei lavori che riguardano il patrimonio culturale.
 
Alla luce di quanto sopra, la VI Sezione del Consiglio di Stato conclude che il rinvio dell’art. 248 al comma 7 dell’art. 87 non può essere inteso come “fisso” (perché altrimenti sarebbe un rinvio ormai inutile), ma “mobile” e deve, quindi, intendersi come rinvio alla disciplina transitoria, da rinvenirsi nell’art. 357, comma 23.
 
La norma derogatoria contenuta nella disciplina transitoria del Regolamento 207/2010 deve, quindi ritenersi applicabile anche alle categorie OG2 e OS25.
 
 
5. Conclusioni 
 
La decisione del Consiglio di Stato, pur ampiamente condivisibile nel merito (vedi news ANCE del 13 settembre 2012), interviene in un momento in cui molte imprese interessate hanno verosimilmente dovuto nel frattempo nominare nuovi direttori tecnici.
 
Trascorsi ormai tre anni dalla presa di posizione dell’AVCP, la sentenza potrebbe però giovare a quelle imprese in cui il direttore tecnico coincide con il titolare dell’impresa.
 

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