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Condiviso tra il 27 e il 28 febbraio dalla Confindustria, Cgil Cisl e Uil il documento sui contenuti e gli indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva. Al centro i temi delle rappresentatività, degli assetti contrattuali, del welfare, della formazione e del mercato del lavoro.

Archivio, Lavoro, welfare e sicurezza

Accordo Confindustria, Cgil, Cisl, Uil

1 Marzo 2018
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Condiviso nella notte tra il 27 e il 28 febbraio da Confindustria e Cgil, Cisl e Uil il documento sui Contenuti e gli indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva.

 

Di seguito un sintesi dei punti salenti dell’accordo.

 

Il testo, che ha come obiettivo quello di realizzare un ammodernamento del sistema delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva al fine di contribuire alla crescita del paese, illustra nell’incipit il complessivo quadro economico sociale in cui versa il Paese fissando, sin dalle prime righe, le declinazioni pratico operative e le priorità che le parti sociali confederali si propongono di raggiungere in tema di qualità del lavoro, formazione, occupazione, crescita dei salari e collocando il tutto, nel contempo, nel quadro complessivo delle dinamiche e delle politiche europee.

 

Tra gli obiettivi prioritari individuati dalla Confindustria e dai Sindacati vi è la piena attuazione degli accordi interconfederali precedenti, con particolare riguardo al Testo Unico del 2014 (in tema di rappresentanza), anche attraverso una più estesa e qualificata contrattazione di secondo livello e l’attuazione di un mercato del lavoro più dinamico e di politiche attive più efficaci.

 

Il punto 4 del documento condiviso tocca, poi, il tema della rappresentanza sindacale e datoriale. Le parti, prendendo spunto dalle basi poste dal Testo Unico del 2014, sottolineano come il perseguimento degli obiettivi di quest’ultimo sia propedeutico al consolidamento di quelli posti dal presente accordo e che i due sono strettamente connessi e in termini di continuità anche rispetto a tutti quelli precedenti sul tema.

 

 Per tale ragione, deve porsi prioritariamente la necessità di misurare la rappresentatività datoriale oltre che quella sindacale.

 

Conoscere l’effettivo livello di rappresentanza di entrambe le parti stipulanti il contratto collettivo è indispensabile se si vuole davvero contrastare il proliferare di contratti anomali, conclusi da soggetti senza nessuna rappresentanza certificata e alla base dei fenomeni di dumping contrattuale e di alterazione della leale concorrenza sul mercato.

 

Deve, pertanto, avviarsi un percorso per definire un sistema di certificazione della rappresentanza datoriale, anche attraverso il coinvolgimento del CNEL, presso il quale verrà costituito un apposito gruppo di lavoro per il potenziamento della banca dati sulla contrattazione collettiva.

 

 Il Cnel dovrà, infatti, effettuare una ricognizione dei parametri della contrattazione collettiva, anche per permettere alle parti sociali di apportare i necessari aggiustamenti, al fine di garantire una stretta correlazione tra il Ccnl applicato e la reale attività di impresa; dovrà effettuare, altresì, una ricognizione dei soggetti firmatari dei contratti.

 

Tali attività devono essere propedeutiche all’adozione da parte di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil di regole che assicurino il rispetto dei perimetri della contrattazione collettiva e impediscano i fenomeni di dumping contrattuale.

 

L’efficacia generalizzata dei contratti collettivi rappresenta, infatti, un elemento fondamentale per le relazioni industriali e il presupposto per un’eventuale definizione anche normativa della materia.

 

Quanto poi all’altro punto fondamentale del testo (punto 5) in tema di Assetti contrattuali, le parti mettono in risalto e ribadiscono il ruolo della contrattazione collettiva, confermando l’articolazione in due livelli della stessa, ribadendo i ruoli della contrattazione nazionale quale fonte di regolazione dei rapporti di lavoro, garante dei trattamenti economici e normativi comuni a tutti i lavoratori appartenenti ad un settore e garante delle relazioni sindacali dello stesso, nonché regolatore delle iniziative nell’ambito della bilateralità.

 

Il contratto collettivo nazionale individuerà il trattamento economico complessivo (TEC) e il trattamento economico minimo (TEM), da riconoscersi ai lavoratori di un settore.

 

Il TEC, quindi, sarà costituito dal TEM e da tutti quei trattamenti economici (compresi il welfare) che il contratto collettivo nazionale definisce “comuni a tutti i lavoratori del settore”. È stato, quindi, chiarito che sarà sempre il Ccnl a evidenziare in modo chiaro la durata e la causa di tali trattamenti retributivi e il livello di contrattazione a cui vengono affidati, dovendosi però escludere effetti di sommatoria fra il primo e il secondo livello di contrattazione.

 

Sempre il Ccnl dovrà incentivare lo sviluppo virtuoso della contrattazione di secondo livello (aziendale o territoriale) per il riconoscimento di trattamenti economici legati alla reale produttività aziendale, all’efficienza, alla redditività, alla innovazione tecnologica.

 

Con riferimento al TEM (trattamento economico minimo), le parti hanno statuito che questo sarà costituito dai minimi tabellari e la sua variazione avverrà in funzione degli scostamenti registrati nel tempo dall’indice dei prezzi al consumo, armonizzato per i paesi membri della Comunità europea; i minimi non rappresentano più, quindi, né un valore medio né un valore punto. Il Ccnl potrà, comunque, modificare i valori del TEM, in ragione di processi di trasformazione e/o di innovazione organizzativa.

 

Il documento tocca, poi, anche i temi del welfare, della formazione e delle competenze, della Sicurezza sul lavoro, del mercato del lavoro e delle forme di partecipazione all’attività di impresa.

 

Al centro del welfare la previdenza complementare e la centralità della contrattazione collettiva per ciò che concerne la disciplina della stessa. Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno ribadito che la contribuzione alla previdenza complementare e la sua destinazione sono, infatti, frutto di un equilibrio contrattuale complessivo tra i sindacati e le parti datoriali. Diversamente, verrebbero alterati tutti gli equilibri e verrebbe messa in discussione anche la funzione stessa dei fondi, quale secondo pilastro di un sistema che vede nella previdenza complementare una necessaria forma di integrazione e sussidiarietà.

 

Al centro della formazione il riconoscimento e la certificazione delle competenze, l’innalzamento e il miglioramento dell’offerta formativa, l’avvio di un grande piano della formazione.

 

Al centro della sicurezza del lavoro la possibilità di attuare sinergie con l’Inail, con particolare riferimento all’attività di prevenzione, ricerca e formazione.

Al centro del mercato del lavoro l’inclusione dei giovani.

 

 Al centro della partecipazione all’attività di impresa, nuove forme di partecipazione.

31730-Accordo Confindustria_Cgil_Cisl_Uil.pdfApri
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