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Per il Tar Emilia Romagna dovrà decidere la Corte Costituzionale se per la SCIA sia illegittima la tutela prevista per i terzi

Archivio, Edilizia e territorio

Scia e tutela del terzo: rimessa la decisione alla Corte Costituzionale

30 Gennaio 2019
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Con la sentenza del 22 gennaio 2019, n. 12 il Tar Emilia Romagna ha sollevato questione di legittimità costituzionale sull’articolo 19, comma 6ter, della Legge 241/90, nella parte in cui consente ai terzi lesi da una Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di proporre unicamente l’azione di accertamento dell’obbligo di provvedere (ex articolo 31, comma 1, 2 e 3 del Dlgs 104/2010 – codice del processo amministrativo) e solo dopo aver sollecitato l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione.
 
In particolare, il Tribunale ha ricordato le argomentazioni svolte dal Tar Toscana che, con ordinanza del dell’11 maggio 2017, n. 667, ha sollevato questione di legittimità costituzionale in merito alla disciplina della SCIA in riferimento alla mancata previsione di un termine per la sollecitazione da parte del terzo delle indicate verifiche.
 
Il Tar Emilia Romagna ha, tuttavia, aggiunto che il problema non riguarda soltanto il termine per sollecitare il potere dell’amministrazione, come rilevato dall’ordinanza appena citata, ma il tipo di procedimento attivato dal terzo.
 
Si ricorda che l’articolo 19, comma 6ter della Legge 241/90 (come aggiunto dal Dl 138/2011, convertito in Legge 148/2011) ha espressamente previsto che “La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.
 
La modifica legislativa del 2011 era conseguente alla pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 15/2011 che, tuttavia, aveva assimilato ad un diniego tacito la condotta di inerzia dell’amministrazione al trascorrere del termine di 30 giorni (termine previsto dalla legge per l’esercizio dei poteri inibitori da parte dell’amministrazione).
 
In questo caso, aveva aggiunto il Consiglio di Stato, l’impugnazione si doveva rivolgere contro questo diniego nelle forme classiche del giudizio di annullamento con possibilità al ricorrente di chiedere anche la condanna all’adozione dei provvedimenti inibitori.
 
Secondo quanto invece previsto dal comma 6ter della Legge 241/90 (introdotto dal Dl 138/2011, convertito in Legge 148/2011), il terzo deve:
  • presentare apposita istanza sollecitatoria alla pubblica amministrazione (per l’esercizio delle cd. verifiche);
  • in caso di inerzia dell’amministrazione ricorrere contro il silenzio e chiedere esclusivamente un’azione di accertamento, con divieto, non solo dell’accesso all’azione di annullamento, ma anche della possibilità di proporre l’azione di condanna al rilascio di un provvedimento (ex art. 34, comma 1, lett. c), c.p.a). Il giudice, inoltre, (come espressamente previsto all’articolo 31, comma  3 del D.lgs. 104/2010) può pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa del terzo solo quando si tratti di attività vincolata o quando risulta che non residuino ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non siano necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione.
Proprio in merito a quest’ultimo profilo il Tar Emilia Romagna ha evidenziato che se l’azione del terzo è proposta quando siano già decorsi i 30 giorni dall’invio della segnalazione (termine previsto dalla legge per l’esercizio da parte dell’amministrazione dei poteri inibitori contro un intervento soggetto a SCIA) all’amministrazione stessa residua solo la possibilità di intervenire in via di autotutela ai sensi dell’articolo 21nonies della Legge 241/90 (annullamento della SCIA) ossia un potere ampiamente discrezionale che, rispetto al potere inibitorio (potere vincolato), impedisce al giudice di predeterminare il contenuto del provvedimento successivo dell’amministrazione e, quindi, accertare la pretesa avanzata dal terzo in giudizio.
 
Per tali motivi il Tribunale ha concluso che la disciplina prevista dall’articolo 19 della Legge 241/90 così come prevista, potrebbe configurare la violazione degli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione nella misura in cui impedisce ai terzi lesi da una SCIA illegittima di ottenere dal giudice amministrativo una pronuncia di accertamento della fondatezza della pretesa avanzata dal terzo con conseguente condanna all’adozione dei corrispondenti provvedimenti, anche nel caso in cui sia decorso il termine di 30 giorni previsto dal comma 3 dell’articolo 19 della Legge 241/90 (per azionare il potere inibitorio).
 
In particolare per il TAR l’azione concessa al terzo non ha una portata piena ed effettiva ma è condizionata dal potere discrezionale che residua in capo all’amministrazione comunale.
 
 
In allegato la sentenza del Tar Emilia Romagna del 22 gennaio 2019, n. 12

34917-Sentenza Tar Emilia Romagna.pdfApri
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