La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11469 del 30 aprile 2019 ha riaffermato un principio consolidato, riguardante l’ipotesi di lavori in appalto eseguiti in difformità rispetto al titolo abilitativo edilizio.
In particolare, è stato ribadito che, in tema di contratti di appalto aventi ad oggetto interventi edilizi eseguiti in difformità rispetto al titolo abilitativo, occorre distinguere a seconda che tale difformità sia totale o parziale: “nel primo caso l’opera è da equiparare a quella costruita in assenza di titolo, con la conseguenza che il relativo contratto di appalto è nullo per illiceità dell’oggetto e violazione delle norme imperative in materia urbanistica; detta nullità, invece, non sussiste nel secondo caso”.
In applicazione di tale principio, nel caso esaminato dalla Corte, è stata ritenuta legittima la richiesta, da parte dell’impresa, del saldo per tutti i lavori effettuati, in quanto il contratto di appalto non era affetto da nullità trattandosi di difformità parziale (gli interventi edilizi realizzati extra progetto erano interni alla costruzione). Oltretutto nel caso di specie il direttore dei lavori aveva predisposto la richiesta per la variante, che era stata sottoscritta dalla committente ma non presentata.