La Corte di Cassazione chiarisce le condizioni per poter escludere gli sfalci e le potature dalla disciplina dei rifiuti
Gli sfalci e le potature degli alberi costituiscono dei rifiuti e quindi sono soggetti ai relativi adempimenti, fatta eccezione per i casi in cui operano le deroghe espressamente previste dall’art. 185 del D.Lgs. 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente): lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9348 del 9 marzo 2020.
La disciplina sugli sfalci e le potature è stata oggetto negli anni di numerose modifiche, finalizzate tra l’altro ad evitare la procedura di infrazione europea avviata a causa del contrasto con quanto stabilito nella direttiva 2008/98/CE. I continui interventi normativi hanno determinato una situazione di grave incertezza tra gli operatori del settore, sia pubblici che privati.
Secondo la Corte di Cassazione, però, le ultime novità introdotte con la legge 37/2019 hanno contribuito a precisare l’ambito applicativo della deroga contenuta nel citato articolo 185, attraverso una descrizione più puntuale, anche se a titolo esemplificativo, degli usi consentiti di questi materiali.
Sono quindi – ad avviso dei giudici – da qualificare come non rifiuti solo quegli sfalci e potature derivanti da buone pratiche colturali o dalla manutenzione del verde pubblico, sempreché siano riutilizzati in agricoltura, silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o a mezzo cessione a terzi e sempre che siano seguite delle procedure che non danneggino l’ambiente o mettano in pericolo la salute umana.
In tutti gli altri casi, invece, trova piena applicazione la normativa sui rifiuti e quindi anche i relativi oneri ed adempimenti (registro di carico e scarico, formulario di identificazione, MUD) a carico dei diversi soggetti coinvolti, ossia produttori, trasportatori, recuperatori etc..
Alla luce quindi di quanto indicato dalla Cassazione, anche per gli sfalci e le potature prodotti da un’impresa edile (es. attività di manutenzione verde pubblico, pulizia area di cantiere etc.), al fine di capire se tali materiali debbano essere qualificate come rifiuti, occorrerà verificare se ricorrono o meno le condizioni stabilite dall’art. 185 del D.Lgs. 152/2006.
In allegato la sentenza della Corte di Cassazione n. 9348 del 9 marzo 2020
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