Nuovo regime IVA per talune operazioni effettuate, in conformità alle finalità istituzionali, da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nei confronti dei soci, associati o partecipanti e verso pagamento di corrispettivi specifici.
Lo prevede l’art.108 del Disegno di Legge di Bilancio 2021 (n.2790-bis/C), attualmente in discussione alla Camera e che approderà in aula la prossima settimana.
Dopo l’approvazione della Camera, il DdL passerà al Senato in seconda lettura, per la definitiva approvazione, in vista dell’entrata in vigore il 1° gennaio 2021.
In particolare, alcune operazioni passano dal regime di esclusione a quello di esenzione da IVA. Tra queste sono annoverate le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate, in conformità alle finalità istituzionali, da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nei confronti dei soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari, determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto.
Il mutamento di regime comporta differenti adempimenti ai fini IVA.
Infatti, l’esclusione di una determinata attività dal campo di applicazione dell’IVA incide sulla caratterizzazione fiscale dei soggetti che la eseguono, che sono considerati enti non soggetti passivi ai fini dell’IVA e come tali non soggiacciono a particolari obblighi (né formali né sostanziali). Al contrario, le operazioni esenti concorrono a formare il volume d’affari e danno luogo al sorgere di una serie di adempimenti formali, quali ad esempio la fatturazione e la registrazione dell’operazione.
La misura che, se confermata, entrerà in vigore il 1° gennaio 2021, risponde alla procedura d’infrazione n.2008/2010, aperta dell’UE per violazione della norma italiana degli obblighi imposti dagli artt. 2 e 9 della direttiva IVA (2006/112/CE), relativamente alle operazioni escluse dal campo di applicazione dell’IVA.
Al riguardo, si osserva che le associazioni di categoria (nonché gli enti bilaterali), in qualità di enti non commerciali, mancano del requisito soggettivo ai fini IVA[1] che, insieme alla tipologia di operazioni (cessioni di beni/prestazioni di servizi) ed alla territorialità, costituisce una delle condizioni di applicabilità del tributo (cfr. art.1 del Decreto IVA – D.P.R. 633/1972).
Pertanto, si ritiene che la nuova disposizione (ove confermata) avrà implicazioni unicamente nell’ipotesi in cui tali organismi perdano il requisito di “non commercialità”, per entrare nel novero dei soggetti esercenti attività d’impresa, così da soggiacere a tutti gli adempienti IVA previsti per questi ultimi, compresa l’apertura della partita IVA e la fatturazione (seppur in regime di esenzione) delle prestazioni di servizi, o delle cessioni di beni, effettuate nei confronti degli associati dietro pagamento di corrispettivi specifici.
In questo senso si ritiene che debba essere letta l’ultima disposizione contenuta nell’art.108 del DdL di Bilancio 2021, la quale stabilisce che “Le disposizioni vigenti in materia di perdita della qualifica di ente non commerciale previste ai fini delle imposte sui redditi si applicano anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.
Come noto, proprio ai fini delle imposte sui redditi, ed ai sensi dell’art.149 del D.P.R. 917/1986 – TUIR, tale soggetto perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti “prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta”, con criteri di prevalenza riferiti alle immobilizzazioni, ai ricavi ed ai redditi relativi all’attività commerciale rispetto a quella istituzionale.
Alla luce della citata ricostruzione normativa si ritiene, quindi, che unicamente nell’ipotesi in cui l’Associazione (o l’Ente) abbia perso la qualifica di ente non commerciale, in base alla norma da ultimo richiamata, la stessa debba accedere all’identificazione come soggetto IVA presso l’Agenzia delle Entrate, con l’apertura della partita IVA, ed operare la fatturazione delle prestazioni eseguite verso corrispettivi specifici nei confronti dei propri soci o associati in regime di esenzione, senza esposizione dell’IVA.
Nulla cambia, invece, nell’applicazione dell’imposta al di fuori di questa specifica ipotesi, con la conseguenza che, ove l’Associazione (o l’Ente) mantenga il requisito della non commercialità, le cessioni di beni o le prestazioni di servizi rese ai propri soci/associati o partecipanti verso corrispettivi specifici o contributi supplementari, collegati alle finalità istituzionali, non devono essere comunque fatturate (e non sono quindi interessate dalla previsione oggi contenuta nell’art.108 del DdL Bilancio 2021), in quanto, a monte, manca il requisito soggettivo richiesto, dal citato art.1 del D.P.R. 633/1972, per l’applicazione dell’IVA (ossia lo svolgimento di un’attività d’impresa o l’esercizio di arti e professioni in capo al soggetto che le pone in essere).
[1] Ossia il fatto di svolgere attività d’impresa o esercitare arti e professioni, e di porre in essere cessioni di beni o prestazioni di servizi nell’esercizio delle stesse.
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