Con Delibera n. 1120 del 20 dicembre u.s., l’Autorità Nazionale Anticorruzione ANAC (rispondendo ad una richiesta di chiarimento avanzata dal Responsabile della prevenzione, corruzione e trasparenza del Ministero della Difesa) ha dichiarato che l’esclusione di un’impresa dalla gara per violazione degli obblighi assunti con la sottoscrizione dei protocolli di legalità è compatibile con il principio di tassatività delle clausole di esclusione previsto dall’articolo 83, comma 8 del Codice dei contratti pubblici, essendo prevista da diposizioni di legge vigenti. Al contempo, ha aggiunto l’Autorità, le previsioni contenute nei suddetti protocolli non devono eccedere la finalità di scongiurare illecite interferenze nelle procedure di gara, in coerenza con il principio comunitario di proporzionalità.
Preliminarmente, è bene ricordare che le clausole dei protocolli di legalità (o patti di integrità) sono idonee a rafforzare gli oneri informativi, già gravanti sui concorrenti in virtù delle disposizioni di legge, che impongono di informare la stazione appaltante di ogni fatto, specie se di rilevanza penale, in grado di incidere sulla valutazione di integrità ed affidabilità del concorrente dovuta in sede di verifica dei requisiti di partecipazione.
In sostanza, l’accettazione del patto etico da parte dei concorrenti comporta l’ampliamento dei loro obblighi nei confronti della stazione appaltante da un duplice punto di vista: i) temporale: gli impegni assunti dalle imprese rilevano sin dalla fase precedente alla stipula del contratto di appalto; ii) contenutistico: si richiede all’impresa di impegnarsi, non solo alla corretta esecuzione del contratto di appalto, ma ad un comportamento leale, corretto e trasparente, sottraendosi a qualsiasi tentativo di corruzione o condizionamento dell’aggiudicazione del contratto (sul punto, cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 722/2018).
Da ultimo, peraltro, con l’art. 83 bis del D.lgs. n. 159/2011 – c.d. Codice antimafia – (recentemente introdotto dal D.l. Semplificazioni), è stato definitivamente stabilito, al comma 3, che “Le stazioni appaltanti prevedono negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto dei protocolli di legalità costituisce causa di esclusione dalla gara o di risoluzione del contratti”.
Tornando ai contenuti della determina, l’ANAC, a sostegno delle proprie argomentazioni, ha richiamato quanto enunciato dalla IV Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 4042/2015, secondo cui sono da ritenersi legittime, in aggiunta a quelle specificatamente previste dal Codice dei contratti, le ipotesi di esclusione dalle gare d’appalto disposte in base alle leggi vigenti, nel cui novero rientra, per l’appunto, anche l’ipotesi prevista dal citato art. 83 bis, comma 3.
Ne deriva che il principio di tassatività delle clausole di esclusione previsto dall’art. 83, comma 8 del Codice dei contratti deve essere interpretato nel senso di impedire che vengano inserite nei bandi di gara cause di esclusione che non trovino giustificazione in disposizioni normative espresse, fatte salve, invece, quelle aventi la loro ragion d’essere in disposizioni di rango primario.
Tuttavia, come sottolineato dallo stesso Supremo Consesso di giustizia amministrativa, al fine di evitare che la norma di legge che dispone l’esclusione per mancato rispetto dei protocolli di legalità si trasformi in una sorta di precetto in bianco, ed affinché il rispetto del canone della tassatività delle cause di esclusione non sia solo formale, vi è la necessità di sottoporre le regole dei protocolli di legalità ad un’interpretazione rigorosa, all’insegna dell’attento rispetto della lettera e, soprattutto, della ratio che le contraddistingue, ed in coerenza con il principio comunitario di proporzionalità.
In altri termini, gli impegni assunti nei protocolli e negli accordi in questione non devono eccedere quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito, conformemente al principio di proporzionalità che, al pari della parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, costituisce un principio generale del diritto comunitario cui la normativa nazionale in materia di appalti deve conformarsi (sul punto, cfr. CGUE sentenza del 22/10/2015, causa C-425/14, cit.).
Sul punto, l’Autorità ha precisato che il rispetto di tali principi deve essere garantito sia nella fase di predisposizione dei protocolli di legalità, che non potranno contenere disposizioni eccedenti la finalità di evitare illeciti condizionamenti nelle procedure di gara, sia in fase applicativa, laddove la stazione appaltante è tenuta valutare l’idoneità della condotta a giustificare l’esclusione dalla gara. Inoltre, la sanzione espulsiva dovrà essere adottata in ottemperanza ai canoni del procedimento amministrativo, che richiedono la garanzia del contraddittorio e l’obbligo di idonea motivazione delle scelte adottate.
In conclusione, l’ANAC ha ricordato che l’esclusione conseguente al mancato rispetto degli obblighi assunti con la sottoscrizione del protocollo di legalità opera limitatamente alla gara in corso di svolgimento, fugando, in tal modo, i dubbi sollevati circa l’introduzione di una possibile causa automatica di esclusione. Infatti, soltanto nel caso in cui la condotta posta in essere dall’operatore economico integri anche altre fattispecie di esclusione (quali ad esempio quelle previste dall’articolo 80, comma 5, lettera f-bis) oppure lettera c-bis) del codice dei contratti pubblici) detta condotta assumerà rilevanza ostativa ai fini della partecipazione a future procedure di aggiudicazione, nei modi e tempi previsti dalle disposizioni di riferimento.
Peraltro, con riferimento alla possibile operatività, nel caso di specie, delle misure previste dall’articolo 32 del D.l. n. 90/2014, l’Autorità ha evidenziato che le stesse operano in un momento successivo all’aggiudicazione, al fine di consentire la prosecuzione del contratto in corso di svolgimento.
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