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L’Associazione, ascoltata dalle Commissioni riunite Bilancio e Finanze, ha illustrato le proprie proposte per risolvere alcune questioni connesse anche alla realizzazione delle opere pubbliche ed al riordino della disciplina fallimentare in corso.

Archivio, Governo e Parlamento

DL Sostegni: l’audizione dell’ANCE al Senato

9 Aprile 2021
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Si è svolta l’8 aprile c.m. l’audizione dell’ANCE presso le Commissioni riunite Bilancio e Finanze del Senato nell’ambito dell’esame, in prima lettura, in sede referente, del disegno di legge di conversione del DL 41/2021, recante misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19 (DDL 2144/S).

 

Il Dott. Marco Dettori, Vice Presidente Economico-fiscale-tributario, che ha guidato la delegazione associativa, ha evidenziato in premessa che le misure adottate dal Governo con il provvedimento in oggetto rispondono alla ormai consolidata linea d’intervento  “spot” di sostegno  alle imprese, in ottica emergenziale e non di reale ripresa e sviluppo.

 

In merito ai contenuti di più stretto interesse per il settore, sotto il profilo fiscale, ha espresso apprezzamento sulle ulteriori misure di supporto economico alle imprese contenute nel D.L. 41/2021, volte a mantenere in efficienza tutti i settori produttivi, ivi compreso quello delle costruzioni, misure che si ritengono utili alla luce dell’aggravamento dell’emergenza sanitaria in atto. Sono da accogliere con favore, infatti, le proroghe relative alle scadenze delle cartelle esattoriali, ivi comprese le ipotesi della cd. “rottamazione-ter” e del “saldo e stralcio”, nonché l’introduzione di un meccanismo di definizione agevolata delle verifiche fiscali mediante gli “avvisi bonari”, seppur non ancora operativa (manca infatti il decreto attuativo).

Anche con riferimento alle misure in materia di lavoro, il Decreto riproduce sostanzialmente l’impianto della precedente legislazione emergenziale, senza risolvere, tuttavia, le principali criticità legate alle omissioni contributive dovute alla crisi pandemica ed economica in atto.

 

Pur apprezzandone l’intento, il provvedimento non affronta, come sarebbe stato più opportuno, alcune questioni fondamentali in questa delicatissima fase economica, connesse anche alla realizzazione delle opere pubbliche ed al riordino della disciplina fallimentare in corso, che assume ruolo centrale soprattutto nell’attuale situazione emergenziale.

In quest’ottica, ha segnalato la necessità di  adattare i contenuti del provvedimento alle reali esigenze delle imprese di costruzione, affrontando in primis tre questioni principali: il “caro materiali”, il problema delle imprese responsabili in solido per omissioni contributive effettuate dai datori di lavoro e la forte incertezza legata alla prossima entrata in vigore del Codice della Crisi d’impresa.

 

In primo luogo, il “caro materiali” assume centralità nella misura in cui, negli ultimi mesi, sono stati registrati incrementi straordinari dei prezzi dei materiali impiegati nei cantieri (come ad esempio l’incremento di circa il 130% registrato dal prezzo dell’acciaio tra novembre 2020 e febbraio 2021. Una dinamica che, oltre che nei prodotti siderurgici, si osserva anche in altri materiali di primaria importanza per l’edilizia, come, ad esempio, i polietileni +40%, il rame +17%, il petrolio +34% e i suoi derivati), la cui entità è talmente elevata da compromettere la regolare prosecuzione dei lavori affidati. L’attuale Codice degli Appalti non prevede, purtroppo, adeguati meccanismi di revisione prezzi, con la conseguenza che i contratti non risultano più economicamente sostenibili. Per tale ragione, si rende quindi necessario riconoscere alle imprese gli incrementi straordinari di prezzo intervenuti e ricondurre i rapporti negoziali nel perimetro dell’equilibrio sinallagmatico. Ciò appare indispensabile anche per evitare un blocco generalizzato dei cantieri.

 

Sempre in virtù dell’attuale momento di forte crisi determinato dall’emergenza Covid, in presenza di responsabilità solidale tra imprese per le omissioni contributive, è poi necessario intervenire sulle conseguenze a carico delle aziende che, pur avendo effettuato i dovuti controlli, si trovano a distanza di anni responsabili in solido con il datore di lavoro che commette la violazione, per omissioni di cui non erano a conoscenza.

In base ad un principio di equità, per tutti i debiti contributivi ante 2012, in linea con quanto già accade per i soli debiti contributivi post 2012, si dovrebbe prevedere che delle sanzioni civili risponda unicamente il diretto responsabile dell’inadempimento e non anche l’obbligato in solido. Ciò consentirebbe ai soggetti chiamati a rispondere per un’omissione ad essi non imputabile di poter sanare la violazione, versando integralmente le somme dovute a titolo di contributi o premi, senza la corresponsione delle sanzioni e delle somme aggiuntive, a prescindere dalla data dell’illecito.

Inoltre, per gli obbligati in solido occorrerebbe riaprire i termini della definizione agevolata delle omissioni contributive, per i soli debiti di natura contributiva che non sono affidati agli agenti della riscossione, anche ove siano oggetto di contestazione in sede giudiziale, e che vengono rivendicati dagli Istituti previdenziali direttamente in capo agli obbligati solidali e non al datore di lavoro direttamente responsabile dell’inadempimento. Nell’ambito delle sanatorie previste dal decreto, questa appare una dimenticanza di un’esigenza fortemente sentita dalle imprese, cui si chiede di dar risposta in questa sede.

 

Ulteriore profilo di forte incertezza per le imprese è, poi, quello relativo alla prossima entrata in vigore del Codice della Crisi d’impresa, attesa già per il 1° settembre 2021, termine che proprio a causa della situazione di crisi economica generata dall’emergenza Covid, rischia di diventare assolutamente inadeguato.

L’attuale quadro economico sta compromettendo la stessa finalità del nuovo Codice della crisi d’impresa, volta a prevenire le situazioni di crisi attraverso adeguati sistemi di allerta, che costituiscono la principale novità nell’affrontare il tema dell’insolvenza. La nuova disciplina presuppone, infatti, una situazione economica stabile, mentre si rende inapplicabile in questa fase economica.  Si impone, quindi, la necessità di rallentare il processo di riordino della materia fallimentare, quantomeno di un altro anno, posticipandone l’entrata in vigore almeno a settembre 2022.

 

Il Vicepresidente ha, poi, evidenziato che il provvedimento rappresenta l’occasione giusta per affrontare anche ulteriori criticità che, proprio a causa della pandemia, limitano fortemente l’esercizio ordinario dell’attività, specie nei rapporti con i partner pubblici, e pongono a rischio la stessa continuità aziendale.

In quest’ottica, con riferimento ai contenuti fiscali del provvedimento, è apprezzabile la disposizione che proroga al 30 aprile la sospensione della disciplina che blocca i pagamenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni in caso di inadempimenti fiscali accertati di importo superiore a 5.000 euro. La misura appare del tutto condivisibile, sebbene limitata nel tempo al solo mese di aprile, ma andrebbe accompagnata dall’analoga sospensione della disposizione del Codice degli appalti, che prevede la possibilità, per la stazione appaltante, di escludere l’operatore economico da una gara a fronte di irregolarità fiscali non definitivamente accertate, creando innumerevoli criticità.

Le due norme attengono entrambe ai rapporti tra le imprese e la P.A., ed entrambe, in un periodo come quello che stiamo vivendo, dovrebbero essere sospese. In tal senso, il mancato coordinamento tra la recente modifica del Codice degli appalti e l’impianto complessivo della disciplina dell’accertamento, genera solo incertezza e reca danni gravi agli operatori di mercato.

 

Con riferimento alle misure in materia di lavoro, ha sottolineato che la previsione di una diversa durata del c.d. “divieto di licenziamento” in base al settore di appartenenza del datore di lavoro, prefigura il graduale superamento del divieto stesso che, per l’edilizia e per l’industria, cesserà al 30 giugno prossimo. Si pone, in ogni caso, la necessità di introdurre il licenziamento per fine cantiere tra le fattispecie escluse dal divieto.

Manca, inoltre, un intervento di revisione complessiva della disciplina sul contratto a termine che consenta un più agevole ricorso a tale tipologia contrattuale, stante l’attuale difficoltà di ripresa del sistema economico.

 

Per completare il quadro degli interventi, così da considerare le reali esigenze delle imprese di costruzione, il Vicepresidente ha illustrato alcune ulteriori proposte -da inserire nel decreto -riguardanti i temi connessi alle opere pubbliche  e all’accesso al credito da parte di privati e delle PMI.

In particolare, sotto il profilo delle opere pubbliche:

  • SAL mensili: in linea con le prescrizioni comunitarie, e considerato lo stato di grave crisi in cui versa il settore, aggravato dall’emergenza epidemiologica, occorre prevedere che le stazioni appaltanti procedano all’adozione di SAL con scadenze certe e ravvicinate, e comunque non superiore a 30 giorni. Occorre quindi prevedere, per i lavori in corso, l’obbligo di effettuare i SAL ogni fine mese, in deroga alle previsioni di Capitolato;
  • SAL mensili “emergenziali”: in ragione dell’emergenza Virus COVID 19 – accanto alla previsione  di un SAL d’emergenza (entro 15 giorni, 5 per certificato di pagamento e 15 per pagamento) – per far fronte alla crisi economica e di liquidità che si sta generando, occorrerebbe altresì prevedere, con riferimento sempre ai lavori in corso di esecuzione il pagamento di SAL mensili, anche in deroga alle previsioni contrattuali;
  • Maggiori oneri da “emergenza covid”: al fine di evitare il collasso delle imprese, occorre prevedere, per i lavori, pubblici e privati, in corso di esecuzione, il pagamento di tutti i maggiori oneri, connessi all’emergenza sanitaria relativa alla diffusione del virus COVID-19, che hanno generato una sottoproduzione del cantiere.

Infine, in tema di accesso al credito:

  • Potenziamento della garanzia del fondo prima casa, consentendo al Fondo stesso, fino al 31 dicembre 2023, l’accessibilità a finanziamenti in grado di sostenere fino all’intero prezzo dell’immobile;
  • Proroga della moratoria per i finanziamenti concessi alle pmi: visto il perdurare della crisi pandemica è assolutamente necessario prorogare la moratoria per i finanziamenti concessi alle PMI oltre la scadenza del 30 giugno 2021 e fino al 31 dicembre 2021. Di pari passo è strategico che l’EBA ripristini le misure straordinarie di flessibilità concesse alle banche sul trattamento prudenziale delle moratorie concesse in ragione dell’emergenza Covid-19, scadute il 30 settembre 2020;
  • Allungamento della durata massima dei finanziamenti garantiti dal fondo di garanzia PMI : altro intervento strategico per sostenere le imprese è la previsione di un allungamento della durata massima dei finanziamenti concessi con la garanzia del Fondo di garanzia PMI a valere sul Temporary Framework dagli attuali 72 mesi a 180 mesi.

 

 

 

In allegato il Documento con il dettaglio della posizione ANCE sul provvedimento consegnato agli atti delle Commissioni.

 

Si veda precedente del 7 aprile c.m.

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44285-210408_Audizione DL Sostegni 8 aprile 2021-DEF.pdfApri
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