Il Ministero del lavoro, con l’allegato interpello n. 3/2021, in risposta ad un quesito del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, ha chiarito che i lavoratori dipendenti in smart working non possono essere esclusi dal computo dell’organico aziendale per la determinazione della quota di riserva prevista per il collocamento obbligatorio dei disabili ai sensi della legge n. 68/1999.
Il dicastero evidenzia, innanzitutto, che l’articolo 4, comma 1, della legge n. 68/1999, prevede espressamente le categorie di lavoratori non computabili ai fini del calcolo della quota di riserva, facendo salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore, e che i casi di esclusione dal computo hanno carattere tassativo e non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva, come anche sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 2210/2016.
L’articolo 23 del d.lgs. n. 80/2015 – che potrebbe ritenersi applicabile in via analogica allo smart working – sancisce invece espressamente l’esclusione dei “lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative ed istituti”, mentre la legge n. 81/2017, che disciplina nello specifico lo smart working, non contempla una disposizione analoga che escluda esplicitamente i lavoratori agili dall’organico aziendale per qualsivoglia finalità.
Viene altresì sottolineato dal Ministero che il telelavoro, quale strumento di conciliazione tra vita privata e lavorativa, si è rivelato nel tempo, nonostante la caratteristica comune dello svolgimento dell’attività lavorativa al di fuori della sede aziendale, una modalità di lavoro residuale rispetto allo smart working, connotato invece da una maggiore flessibilità in termini di organizzazione dell’attività e di vincoli di orario e di luogo di lavoro (salvi i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva) e il ricorso al quale ha registrato un incremento esponenziale a causa della pandemia da Covid-19, non in chiave dunque di promozione della conciliazione, bensì di tutela della salute pubblica e del mantenimento della capacità produttiva delle aziende.
Il Ministero del lavoro sostiene, infine, che l’inserimento “a pieno titolo” dei lavoratori agili nell’organico aziendale è suffragato da una ricostruzione sistematica della normativa vigente sui criteri di computo dell’organico aziendale in ambiti applicativi diversi da quello delle assunzioni obbligatorie, come ad esempio in materia di integrazione salariale (v. art. 20 del d.lgs. n. 148/2015 per l’erogazione del trattamento CIGS), che non escludono espressamente tale categoria di lavoratori ai fini della determinazione dei limiti numerici.
Premesso quanto sopra, non è ritenuta ammissibile, ai fini dell’applicazione dei criteri di computo dell’organico aziendale, l’assimilazione dei lavoratori in telelavoro a quelli in smart working, i quali dunque sono inclusi nel computo della determinazione della quota di riserva.
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