Si è svolta il 29 c.m. l’audizione dell’ANCE presso la Commissione Affari sociali, sanità, lavoro e previdenza sociale del Senato nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sulla ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, anche nel quadro della Missione 6 del PNRR.
Il Vicepresidente Centro Studi, Ing. Piero Petrucco, che ha guidato la delegazione associativa, ha evidenziato, in premessa, che l’obiettivo di riorganizzare e potenziare il Servizio Sanitario Nazionale non è più rimandabile e la crisi pandemica degli ultimi tre anni lo ha reso ancora più evidente.
Lunghi anni di politiche di risanamento dei conti pubblici e il conseguente ridimensionamento della spesa pubblica hanno visto il settore sanitario tra quelli maggiormente colpiti. Particolarmente significativi sono i dati Eurostat che evidenziano un vero e proprio crollo verticale agli investimenti in edilizia sanitaria. Si è passati da 4,6 miliardi del 2010 a 1,1 miliardi nel 2019, anno di minimo, con una riduzione di circa il 75%.
Le conseguenze di tali mancati investimenti rischiano di compromettere la capacità del SSN di fornire servizi sanitari adeguati ai bisogni di salute emergenti e agli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica che l’Italia si trova a perseguire nel medio lungo periodo.
Storicamente la ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico è affidata al programma pluriennale di interventi previsto dall’articolo 20 della Legge 67/1988.
Si tratta di un programma di spesa, vigente da oltre 30 anni, che, ha mobilitato risorse importanti ma che, al pari di altri programmi di spesa nazionali, si è scontrato con difficoltà attuative.
La Corte dei Conti nel 2021 ha individuato circa 10 miliardi di euro ancora da spendere su circa 23 miliardi da utilizzare mediante accordi di programma.
Gli evidenti ritardi nell’attuazione della spesa hanno spinto il decisore pubblico a istituire, a giugno 2022, un Tavolo tecnico interistituzionale in materia di edilizia sanitaria, coordinato dal DIPE. L’Associazione valuta positivamente la scelta di prevedere un luogo di confronto interistituzionale nel quale individuare i nodi critici e le inefficienze e proporre soluzioni rapide e concrete, finalizzate allo sblocco degli investimenti pubblici in sanità.
Al riguardo, sarebbe opportuno prevedere l’istituzione di una specifica Struttura di missione, che possa stabilmente coordinare tutte le istituzioni coinvolte e proporre le opportune modifiche normative necessarie ad accelerare la realizzazione degli interventi.
In passato, la previsione di analoghe strutture per altri ambiti di spesa, come quello dell’edilizia scolastica o la prevenzione del rischio idrogeologico, si è rivelata la scelta giusta per compiere, dopo anni di immobilismo, una ricognizione dei fabbisogni e delle risorse disponibili e avviare una programmazione degli investimenti di lungo periodo.
Il Vicepresidente Petrucco ha sottolineato, inoltre, che sono diversi i fattori che ostacolano la piena efficacia degli investimenti di edilizia sanitaria, previsti in attuazione dell’articolo 20 della Legge 67/1988.
Si tratta di criticità che riguardano tutto il mercato delle opere pubbliche da molti anni, che, finalmente, sono al centro del dibattito politico perché rischiano di compromettere l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza. Tra questi:
Le problematiche evidenziate attengono a tre fattori principali:
Sull’attuazione degli investimenti previsti dall’articolo 20 della Legge 67/1988, ha pesato la cronica debolezza delle amministrazioni pubbliche, fortemente depotenziate dopo anni di blocco del turnover che ha determinato la riduzione, l’invecchiamento e il conseguente impoverimento delle competenze del personale pubblico.
L’età media dei dipendenti pubblici dal 2001 al 2020 è costantemente aumentata, passando da circa 44 anni nel 2001 a quasi 51 anni nel 2020.
A ciò si aggiungono livelli retributivi molto bassi che rendono l’impiego pubblico poco attraente soprattutto per le professionalità più qualificate. Il recente Rapporto Formez 2022 ha evidenziato negli ultimi anni un aumento della percentuale di posti vacanti nei concorsi pubblici e, in particolare, relativamente ai profili professionali più specialistici (nei concorsi banditi negli ultimi due anni il 71,6% dei posti per ingegneri e architetti risulta vacante).
È innegabile, inoltre, che la realizzazione degli investimenti di edilizia sanitaria negli ultimi due anni abbia risentito dell’aumento dei prezzi dei materiali. Basti considerare che gli aumenti registrati negli ultimi due anni sono mediamente del 35/40%.
Di fronte a tale emergenza il Governo è intervenuto stanziando importanti risorse per consentire sia di aggiornare i quadri economici delle nuove opere da avviare sia la rivalutazione delle lavorazioni eseguite a partire dal 2021.
Queste misure, tuttavia, sono rimaste in gran parte sulla carta, avendo tempi di attuazione troppo lunghi rispetto all’emergenza.
La situazione sta diventando insostenibile e occorre un intervento urgente per sbloccare i pagamenti alle imprese, considerato che a gennaio 2023:
Il Vicepresidente ha, poi, evidenziato la necessità di porre rimedio al problema del caro materiali che purtroppo non ha trovato spazio nei provvedimenti più recenti che il Governo ha varato proprio con l’obiettivo di accelerare la realizzazione del PNRR.
Al riguardo l’Associazione ha individuato due proposte:
la prima riguarda la possibilità per il Ministero delle infrastrutture e trasporti di anticipare alle stazioni appaltanti una parte dei fondi per il caro materiali richiesti nel 2022 e non ancora erogati;
la seconda riguarda la conferma, attraverso una norma interpretativa, della possibilità di accedere ai fondi per il caro materiali per il 2023 anche per chi ha avuto accesso ai fondi destinati alle opere in corso nel 2022, superando il “sorprendente” divieto contenuto nella Legge di Bilancio 2023.
Accanto al caro materiali, è opportuno evidenziare un ulteriore criticità legata alla forte contrazione delle garanzie erogate dagli istituti bancari e assicurativi a favore delle imprese per consentire loro di partecipare e, soprattutto, eseguire appalti pubblici, nonché di ricevere l’anticipazione contrattuale.
Al riguardo, risulta necessario adottare una serie di correttivi, tra i quali:
I continui cambiamenti delle regole di funzionamento del mercato delle opere pubbliche ha determinato, negli anni, un vero e proprio caos normativo che ha ripercussioni sui tempi di realizzazione delle opere.
Basti considerare che in Italia servono mediamente 4,4 anni per realizzare le opere pubbliche e oltre la metà del tempo impiegato riguarda i tempi di attraversamento da una fase procedurale all’altra. Tale tempistica si riduce a circa 3 anni per le opere inferiori ai 100 mila euro e arriva a quasi 16 anni per le grandi opere, superiori ai 100 milioni di euro.
Anche rispetto all’entrata in vigore del nuovo Codice appalti, occorre rilevare che diversi provvedimenti normativi hanno esteso (o stanno estendendo), ben oltre il termine di entrata in vigore del nuovo codice degli appalti, l’operatività di numerose previsioni derogatorie alla normativa vigente, soprattutto se si tratti di interventi finanziati con risorse del PNRR e del PNC.
Situazione, questa, che, naturalmente, desta perplessità, in quanto lascia trasparire una preoccupazione dello stesso legislatore verso la nuova normativa.
Il Vicepresidente ha, poi, colto l’occasione dell’audizione per evidenziare il rischio concreto che il forte incremento dei bandi di gara, atteso nel corso dell’anno, possa determinare la concentrazione di gare in un lasso di tempo eccessivamente limitato, rendendo difficoltosa la partecipazione da parte delle imprese. E’ quanto accaduto lo scorso dicembre, che ha visto la pubblicazione di bandi di gara per 17,3 miliardi, pari a circa un quarto dell’importo totale annuo bandito, a seguito della ripartizione dei fondi per l’adeguamento dei quadri economici delle opere prioritarie (PNRR, PNC, e commissari).
Occorre favorire la massima partecipazione da parte delle imprese ed evitare il fenomeno delle gare deserte, che negli ultimi due anni è raddoppiato per effetto sia del mancato aggiornamento dei prezzi a base di gara, sia della forte concentrazione delle gare in determinati periodi dell’anno.
Le criticità evidenziate non risparmiano certamente la realizzazione degli investimenti del PNRR che, con la Missione 6, riserva alla sanità uno spazio importante, prevedendo investimenti complessivi per 18,5 miliardi.
Di questi, secondo le stime Ance, circa 7,5 mld riguardano investimenti che coinvolgono il settore delle costruzioni.
Circa 3 miliardi sono destinati a rafforzare i servizi sul territorio, attraverso la realizzazione di almeno 1.350 Case della comunità (per l’assistenza sanitaria di prossimità) e 400 Ospedali della Comunità (strutture intermedie per le degenze brevi) oltre al potenziamento dell’assistenza domiciliare.
I restanti 4,5 miliardi riguardano, invece, misure per il rafforzamento e l’ammodernamento degli ospedali (incremento dei posti letto in terapia intensiva, interventi antisismici, digitalizzazione e rinnovo delle grandi attrezzature) e altri investimenti per migliorare l’infrastruttura tecnologica e la gestione dei dati sanitari.
La fase di programmazione e riparto dei fondi per l’edilizia sanitaria è avvenuta nei tempi previsti. Purtroppo, non si può dire altrettanto per la fase attuativa.
Analogamente agli altri investimenti del PNRR, la realizzazione degli interventi pianificati nel settore della sanità sta riscontrando diverse difficoltà che risultano confermate dalla recente Relazione sullo stato di attuazione del PNRR della Corte dei Conti.
Con riferimento agli interventi del Ministero della salute, il documento mette in luce, tra le altre cose, i ritardi nell’attuazione degli investimenti finalizzati a rafforzare la sanità territoriale, evidenziando gravi carenze nella progettazione che mettono a rischio il raggiungimento dei prossimi obiettivi.
E’ necessaria una maggiore attenzione alle attività progettuali. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di prevedere l’istituzione di un Fondo di rotazione per sostenere la fase realizzativa degli interventi.
Al di là del raggiungimento degli obiettivi nazionali ed europei, il più chiaro indicatore dell’attuazione del PNRR è rappresentato dal livello della spesa sostenuta dalle amministrazioni titolari delle misure.
I dati poco confortanti della Nota di aggiornamento al DEF 2022 di settembre scorso, che segnava un livello di spesa, nel triennio 220-2022, molto più basso rispetto a quello preventivato (20,5 miliardi di euro, contro i 33,7 miliardi previsti ad aprile scorso), risultano leggermente migliorati dalla stima recentemente formulata dalla Corte dei Conti nella Relazione sullo stato di attuazione del PNRR.
La Corte quantifica in 23,3 miliardi la spesa sostenuta, pari al 12% dei 191,5 miliardi previsti dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (RRF), ma se si escludono i crediti di imposta per beni strumentali 4.0, per attività di formazione 4.0 e per Superbonus 110%, tale livello di spesa scende a circa 10 miliardi, pari al 6%.
Le analisi sulle singole Missioni, vedono il comparto della sanità in fondo alla classifica con un livello di spesa che ammonta a soli 79 milioni, pari allo 0,5% delle risorse di matrice europea destinate a tale finalità (15,6 miliardi. L’avanzamento della spesa relativa alla Missione 6, nel triennio 2020-2022, ha raggiunto solo il 23% del cronoprogramma preventivato.
Ciò vuol dire che i prossimi anni vedranno la realizzazione di molti investimenti pubblici, tra i quali quelli di edilizia sanitaria, che si scontreranno con la mancanza di manodopera e di figure professionali specializzate.
Solo considerando gli investimenti aggiuntivi, per il settore delle costruzioni l’Ance ha stimato un fabbisogno occupazionale di circa 65.000 unità nell’anno di picco (2025) di cui 53.800 operai e i restanti 10.600 tra impiegati e quadri.
La stima Ance trova conferma nei recenti dati diffusi da Banca d’Italia che quantifica in circa 300.000 il numero di lavoratori necessari a soddisfare la realizzazione di tutti gli investimenti totali generati dal PNRR. In particolare, l’Istituto sottolinea che il settore delle costruzioni registrerebbe la variazione dell’occupazione più elevata in termini assoluti, pari a circa 65.000 unità nell’anno di picco.
Quanto emerge dalle stime previsionali sui fabbisogni occupazionali dimostra che è necessario intervenire con misure atte a ridurre il disallineamento tra domanda ed offerta di lavoro, implementando politiche attive e formazione, anche con riguardo ai lavoratori stranieri.
Un possibile contributo alla realizzazione degli investimenti di edilizia sanitaria può arrivare dal coinvolgimento dei capitali privati attraverso operazioni di PPP che hanno l’indubbio vantaggio, non solo di generare un effetto leva positivo, ottenendo un volume complessivo di investimenti pubblico-privati superiore a quello che si avrebbe con il solo finanziamento pubblico, ma anche di aumentare l’efficacia e l’efficienza dell’intervento.
L’operatore economico, infatti, potrà incassare il canone di disponibilità solo al termine della fase di investimento e avrà, quindi, un forte incentivo a realizzare l’investimento in tempi più celeri e nel rispetto dei costi preventivati.
Il ricorso al PPP potrà beneficiare di un contesto più favorevole al coinvolgimento dei privati, soprattutto dopo la pubblicazione della delibera ANAC 432/2022, con la quale l’Autorità ha fornito alcuni importanti chiarimenti sull’inquadramento dei fondi europei, compresi quelli del Next Generation EU, e l’imminente riforma del Codice degli appalti che, nel rispetto della Legge Delega, riscrive la disciplina del partenariato pubblico privato al fine di favorire l’utilizzo attraverso una sua razionalizzazione e semplificazione.
Con l’obiettivo di rendere il PPP più attrattivo per amministrazioni, operatori economici ed investitori istituzionali, lo schema di Decreto Legislativo recante il Codice dei Contratti Pubblici, identifica la “finanza di progetto”, unicamente, con la procedura ad iniziativa privata, attualmente disciplinata dall’art. 183, commi 15 e ss. del Codice, non riproducendo le disposizioni sulla procedura ad iniziativa pubblica.
Questa semplificazione è apprezzabile, come è apprezzabile la scelta, richiesta nei pareri approvati dal Parlamento e sostenuta dall’Ance, di superare la possibilità, per l’ente concedente, di applicare un criterio premiale in luogo del diritto di prelazione che ci si auspica possa trovare spazio nel testo definitivo del Nuovo Codice.
Il diritto di prelazione ha costituito, fin dalla sua introduzione, l’elemento più efficace nel favorire la partecipazione dei privati alla realizzazione di opere di interesse pubblico.
In allegato il documento con il dettaglio della posizione ANCE.
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