Si è svolta l’11 marzo scorso l’audizione ANCE presso la Commissione Bilancio della Camera sul DL 19/2024 recante ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) (DDL 1752/C).
Il Vicepresidente alle Relazioni Industriali e Affari Sociali, Carlo Trestini, ha evidenziato, in apertura, che Il decreto si pone l’obiettivo di chiudere la fase di revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, iniziata circa un anno fa, e avviare la fase finale di attuazione del Piano, assicurandone la piena realizzazione entro il 2026, quantomeno per la parte finanziata con le risorse dell’Unione europea (Dispositivo per la ripresa e la resilienza, per un importo pari a 194,4 miliardi di euro).
Tale revisione, come noto, ha comportato l’adozione di nuove misure, contenute nel capitolo “RePowerEU” e la rimodulazione di più della metà degli investimenti del PNRR attraverso un aggiornamento dei rispettivi obiettivi e dotazioni finanziarie, oltre che l’uscita dal Piano di alcuni interventi per i quali erano state riscontrate criticità.
Dal punto di vista delle risorse, è apprezzabile lo sforzo realizzato dal Governo che ha garantito la copertura finanziaria sia degli investimenti contenuti nel PNRR, sia di quelli che sono stati esclusi per effetto della rimodulazione, coprendo un fabbisogno pari a 12,3 miliardi di euro. E’ stata così accolta la richiesta più volte formulata dall’Associazione di evitare il definanziamento dei progetti usciti dal Piano, come gli investimenti medio-piccoli dei comuni, e importanti progetti di rigenerazione urbana, tra i quali quelli previsti nei Piani Urbani Integrati. Positivo anche il fatto che questi progetti possano essere usati come riserva da mettere in campo per il raggiungimento degli obiettivi del Piano.
Allo stesso tempo, l’Ance esprime forte preoccupazione rispetto ad alcune scelte operate nell’ambito del decreto.
Una prima preoccupazione riguarda il rischio di depotenziamento della strategia pluriennale di rilancio degli investimenti, per effetto delle norme contenute nel decreto. Il decreto rinvia, infatti, alcuni investimenti oltre l’orizzonte del 2026, taglia alcuni fondi pluriennali destinati alle infrastrutture e introduce meccanismi di riprogrammazione e/o definanziamento pressoché automatici degli investimenti che registreranno ritardi nei cronoprogrammi per liberare risorse in futuro. L’introduzione di tali meccanismi accresce il rischio di riduzione degli investimenti in un contesto di politiche di bilancio restrittive, con il ritorno del Patto di stabilità.
In particolare, le modifiche apportate al Fondo Nazionale Complementare determineranno una riduzione dei fondi a disposizione già a partire da quest’anno, a causa dei definanziamenti e delle rimodulazioni previste, con un conseguente slittamento dei cronoprogrammi. E’ il caso, ad esempio, degli investimenti Anas per la messa in sicurezza e il monitoraggio e controllo di ponti, viadotti e tunnel che, nel triennio 2024-2026, subiranno una riduzione di circa 440 milioni di euro, compensata solo nel biennio 2027-2028 da altrettante risorse.
Inoltre, le coperture individuate dal decreto per fare fronte a circa 15,5 miliardi di euro necessari per coprire il fabbisogno 2024-2029 derivante dalla revisione del PNRR e del Piano Nazionale Complementare (PNC), sono a carico, per almeno il 70%, di programmi di spesa destinati a opere pubbliche.
Infine, la revisione del PNC introduce anche un meccanismo molto articolato per valutare periodicamente – ogni sei mesi – lo stato di attuazione del Piano Nazionale Complementare con l’obiettivo di liberare risorse degli investimenti in ritardo.
Una seconda preoccupazione riguarda l’assenza di interventi su alcuni nodi strategici per la rapida attuazione del PNRR, con particolare riferimento ai pagamenti della PA e alle semplificazioni procedurali.
Riguardo al primo tema, nel corso degli ultimi mesi, sono aumentati i ritardi di pagamento alle imprese di costruzioni e l’Ance riceve ogni giorno segnali di allarme di ulteriori rallentamenti. Per rispettare le stringenti scadenze del PNRR è invece indispensabile che le imprese siano pagate tempestivamente.
Da questo punto di vista, è sicuramente apprezzabile la norma che aumenta al 30% l’anticipazione erogata alle stazioni appaltanti per i lavori PNRR. Questo permetterà di colmare lo squilibrio che si determinava tra il valore dell’anticipazione ricevuta dalla stazione appaltante (nella maggiore parte dei casi il 10%) e l’anticipazione da erogare in fase iniziale alle imprese.
Ma le altre misure contenute nel decreto, che riguardano per lo più interventi organizzativi come la creazione di una task force per i Ministeri o un Tavolo tecnico per i comuni che si adopereranno per regolarizzare i tempi di pagamento delle amministrazioni, ancora in difficoltà, non risolvono le problematiche rilevate nei cantieri – che rischiano così di fermarsi – e non affrontano sostanzialmente il problema sul quale la Commissione europea ha acceso i riflettori da più di 10 anni.
Sul punto, è necessario prevedere che la maturazione dello stato di avanzamento dei lavori (S.A.L.) – da cui far scattare il pagamento – debba sempre avvenire secondo la tempistica contrattuale e comunque con una cadenza mensile (c.d. “SAL mensili”). Inoltre, è indispensabile introdurre nuove misure in grado di assicurare ai soggetti attuatori la liquidità necessaria per pagare regolarmente.
Nel corso degli ultimi mesi, l’Ance ha evidenziato la necessità di adottare ulteriori semplificazioni procedurali per assicurare la realizzazione del Piano. Un monitoraggio effettuato dall’Associazione su alcune grandi opere ha, infatti, messo in evidenza la presenza di alcuni cantieri che ancora non sono a pieno regime e che rischiano di accumulare ritardi non recuperabili entro la scadenza del PNRR. Le criticità riscontrate nell’attuazione sono riconducibili a problemi autorizzativi e amministrativi, dalla sovrapposizione di regimi normativi differenti e da carenze progettuali. Inoltre, l’Ance ha più volte sottolineato la necessità di misure che permettano di gestire meglio il contratto in fase di cantiere.
In materie di semplificazioni, complessivamente, le misure introdotte dal decreto appaiono non sufficienti, anche se non mancano alcuni tentativi decisamente innovativi come, ad esempio, sul tema delle residenze universitarie.
Non vengono tuttavia proposte nuove soluzioni strutturali alle lungaggini burocratiche che ancora caratterizzano la realizzazione delle opere pubbliche in Italia. L’unica soluzione prospettata è, ancora una volta, un ampio ricorso a Commissari straordinari (alloggi universitari, beni confiscati alla criminalità organizzata) e, a discrezione del Governo, a procedure derogatorie, paradossalmente anche rispetto al Codice degli appalti entrato in vigore meno di un anno fa e alle stesse regole acceleratorie previste per il PNRR.
A questo si aggiunge l’introduzione di una clausola di responsabilità sulla spesa che rischia di scaricare tutta la responsabilità sui soggetti attuatori, deresponsabilizzando tutti gli altri enti coinvolti (Ministeri responsabili dei vari programmi di intervento, enti autorizzatori, ecc).
A parere dell’Ance, una tale architettura finanziaria e regolatoria risulta troppo frammentata e crea incertezza, rischiando di rallentare l’attuazione del PNRR. Inoltre, le modifiche introdotte sembrano lasciare spazio al Governo di intervenire sulla spesa in funzione delle esigenze di finanza pubblica, lasciando poi la soluzione dei problemi ai soggetti attuatori (spesso enti territoriali), anche sotto il profilo finanziario.
Ciò premesso, risultano innovative le previsioni (cambio destinazione d’uso, utilizzo della Scia, esclusione dall’obbligo di reperimento delle aree a standard, incremento volumetrico) con cui si introducono le semplificazioni amministrative per realizzare nuove residenze universitarie rigenerando il patrimonio edilizio esistente ma è necessario chiarire i numerosi dubbi interpretativi ed eliminare le forti incoerenze con l’attuale disciplina edilizia e paesaggistica per non vanificare gli effetti della semplificazione (es. titolo edilizio e obbligo parere Sovrintendenza in caso di cambi d’uso su immobili vincolati).
Alcune norme introdotte dal decreto, poi, sono senz’altro positive ma, purtroppo, hanno un impatto troppo limitato in termini di semplificazione. E’ il caso della conferenza di servizi “accelerata” che bisognerebbe rendere stabile per tutte le opere in futuro. Così come in materia ambientale, vengono introdotte alcune limitate semplificazioni in merito alle procedure di autorizzazione sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) sia per le opere rientranti nel PNRR, sia per gli interventi di ricostruzione nei territori colpiti dagli eventi sismici del 2009 e del 2016.
Il decreto dovrebbe invece essere l’occasione per introdurre quelle misure necessarie ad assicurare il rispetto delle stringenti tempistiche legate alle opere del PNRR. Ci si riferisce specificatamente a tutti quegli interventi prodromici all’esecuzione delle opere vere e proprie del PNRR, i quali si trovano spesso a scontare il problema della lungaggine delle tempistiche burocratiche determinando un inutile allungamento, se non addirittura un fermo, dei tempi per la realizzazione delle suddette opere.
Le proposte formulate dall’Ance riguardano, innanzitutto, la VIA, su cui molto è stato fatto, ma i cui tempi di definizione sono ancora troppo dilatati. Per superare tali criticità, è necessario prevedere che il parere di VIA si definisca entro il termine massimo di conclusione della conferenza di servizi. In questa fase di attuazione del PNRR, è essenziale intervenire anche sulla disciplina delle terre e rocce da scavo, accorciandone i relativi tempi tecnici di gestione, al fine di accelerare l’avvio effettivo delle opere. Infine, per favorire il recupero dei rifiuti dell’edilizia e quindi l’economia circolare, è fondamentale semplificare l’iter autorizzativo dei cosiddetti “impianti mobili” in cantiere, stabilendo tempi perentori per il rilascio di tutti i permessi.
Relativamente alle misure in tema di lavori pubblici, giudizio molto positivo va espresso per la proroga di un anno del sistema di controgaranzia SACE volto ad aumentare la capacità di erogazione delle garanzie necessarie per la partecipazione e, soprattutto, per l’esecuzione degli appalti pubblici. Nell’ottica della certezza del diritto, è sicuramente positivo che le misure acceleratorie – in particolare quelle del DL Semplificazioni bis e del DL PNRR 3 ma anche le ulteriori misure di semplificazioni in essere – continuino ad applicarsi agli investimenti ora esclusi dal Piano.
Una misura che invece è necessario includere nel decreto riguarda gli strumenti di deflazione del contenzioso ed in particolare il Collegio Consultivo Tecnico (CCT). Il CCT è uno strumento fondamentale, da cui dipende la concreta attuazione del principio del risultato, vale a dire uno dei cardini della riforma introdotta dal nuovo Codice dei contratti pubblici, in quanto consente di risolvere in tempi ragionevoli, compatibili con l’attività d’impresa, le questioni insorte durante la fase esecutiva dei lavori, evitando che le stesse divengano problemi insuperabili e finiscano per bloccare le opere. Sotto questo profilo, purtroppo, la disciplina dei compensi dei componenti sta prestando il fianco ad interpretazioni della normativa, da parte delle stazioni appaltanti, che conducono a somme ingentissime. Pertanto, sarebbe opportuna una indicazione normativa chiara, affinché il CCT torni ad avere costi ragionevoli, per esplicare pienamente la sua funzione deflattiva del contenzioso, a vantaggio di entrambe le parti.
Infine, una parte importante del decreto è dedicata al tema della sicurezza sul lavoro.
E’ importante innanzitutto sottolineare che si tratta di un tema strettamente collegato a quello delle semplificazioni. In questi mesi, infatti, per rispettare le scadenze PNRR e recuperare il tempo perso nelle fasi amministrative e autorizzative prima dell’avvio dei cantieri, vengono proposti alle imprese cronoprogrammi dei lavori troppo ambiziosi che rischiano di mettere a repentaglio la sicurezza. Un secondo aspetto riguarda la necessità di assicurare la congruità dei costi per la sicurezza riconosciuti alle imprese. Troppo spesso questi oneri sono sottostimati in sede di progetto o calcolati su valori parametrici invece di essere calcolati in modo sartoriale sulle effettive esigenze del cantiere.
Venendo alle misure previsto dal decreto, pur condividendo la finalità del decreto nel suo complesso di contrastare il gravissimo problema degli infortuni sul lavoro – che non riguarda soltanto il settore edile-, l’Ance esprime perplessità rispetto all’introduzione della c.d. patente a crediti, ritenendo che quest’ultima non possa costituire uno strumento efficace a tale scopo.
Tale fenomeno deve essere affrontato con strumenti diversi, promuovendo la qualificazione di tutte le imprese e lavoratori autonomi che operano in cantiere, nonché garantendo il riconoscimento della formazione delle “16 ore – Moduli Integrati per Costruire in Sicurezza” del Formedil a tutti i lavoratori, compresi i lavoratori autonomi, indipendentemente dal settore di appartenenza, che operano in cantiere. A questo proposito, si ritiene positiva e coerente con le finalità della norma l’esclusione delle imprese in possesso dell’attestazione SOA dall’ambito di applicazione della patente a crediti. La SOA tiene conto, infatti, oltre che dell’esperienza dell’impresa, anche dell’assenza di gravi infrazioni, debitamente accertate, alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Fermo restando quanto sopra, la disciplina della patente a crediti, come introdotta dal decreto, dovrebbe comunque essere modificata sotto vari profili. In primo luogo, deve essere chiaro che l’ambito di applicazione non riguarda soltanto imprese e lavoratori autonomi che in cantiere svolgono lavori edili, ma anche quelli che nel cantiere medesimo svolgono lavori non edili, essendo di tutta evidenza che tale distinzione non avrebbe fondamento per le finalità che l’istituto si propone di perseguire. Inoltre, nell’attuale assetto normativo della patente a crediti devono essere inserite delle misure premiali che tengano conto, tra l’altro, degli investimenti in prevenzione delle imprese, della loro storicità e del numero dei dipendenti.
L’Ance chiede infine che il sistema sanzionatorio introdotto in materia di verifica della congruità in edilizia sia applicato sempre quando c’è l’obbligo di congruità, ovvero per tutti gli appalti pubblici e nei lavori privati sopra i 70 mila euro. Per l’Ance, prevedere soglie più elevate per l’applicazione delle sanzioni, come attualmente previsto dal decreto PNRR, indebolisce fortemente una misura, voluta dall’Ance e dai sindacati, volta a contrastare sia il fenomeno del lavoro irregolare che quello del dumping contrattuale nel comparto delle costruzioni e quindi rappresenta un passo indietro anche sulla sicurezza dei cantieri.
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