Un ulteriore passo per risolvere le criticità emerse sulla disciplina del diritto di prelazione nell’ambito della Finanza di Progetto. Con l’ordinanza del 25 novembre 2024 (n. 9449), il Consiglio di Stato ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’UE di pronunciarsi (ai sensi dell’art. 267 TFUE) su una precisa questione pregiudiziale:
“Se i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli artt. 49 e 56 TFUE, nonché la direttiva n. 2014/23/UE, interpretati alla luce dei principi di proporzionalità, buona amministrazione ed efficienza, e l’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, per il caso in cui la Corte lo ritenga applicabile, ostino alla disciplina nazionale della prelazione, contenuta nell’art. 183, comma 15 del d.lgs. n. 50/2016”.
Come noto, il diritto di prelazione nell’ambito della finanza di progetto – la cui disciplina, sostanzialmente invariata, è oggi contenuta nell’art. 193, comma 8 del d.lgs. 36/2023 – ha sollevato numerose problematicità dal suo ingresso nel nostro ordinamento e, per questo, è stato oggetto, nel corso degli anni, di numerosi tentativi di correzione. Da ultimo, il Correttivo al nuovo Codice appalti ha, tra gli altri, l’obiettivo di rimodulare l’operatività della prevista clausola di prelazione per evitare che possa essere utilizzata in funzione anticoncorrenziale. Si noti che le modifiche sono state introdotte anche in considerazione dei rilievi sollevati dalla Commissione europea con una procedura di infrazione (INFR 2018-2273) per “non conformità del diritto italiano alle Direttive 2014/23/EU, 2014/24/EU e 2014/25/EU, e agli articoli 49 e 56, TFUE”.
Ma quali sono i dubbi sollevati dal Collegio? Secondo il Consiglio di Stato, la disciplina nazionale della prelazione, contenuta nell’art. 183, comma 15 del d.lgs. 50/2016, pur avendo l’intento di premiare, e quindi promuovere, l’iniziativa privata che si assume l’onere di formulare una proposta senza poter conoscere in anticipo i rischi e l’esito della stessa, nondimeno:
In mancanza di un’espressa disciplina europea della clausola di prelazione o di un espresso divieto della stessa, il Collegio ha ravvisato i presupposti dell’obbligo di rinvio alla Corte di Giustizia anche perché, pur essendo chiamata in causa in diverse occasioni, non si è mai specificamente pronunciata sul merito della questione (si veda, tra le altre, la recente questione pregiudiziale, pressoché analoga a quella de quo, rimessa dalla V Sezione del CdS, con ordinanza 5615/2023, dichiarata irricevibile dalla Corte per carenza dei requisiti necessari; cfr. CGUE, sez. VIII, 12 dicembre 2023, causa C-407/23).
L’auspicio è che l’approvazione del Correttivo e una pronuncia (tanto attesa) della CGUE sul tema possano finalmente risolvere il dibattito, ancora acceso, sulla compatibilità dell’istituto della prelazione con i principi del diritto europeo e in particolare con quelli di libera concorrenza e di parità di trattamento tra i concorrenti.
Si allega il testo dell’ordinanza.
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