La Cassazione, Sezione lavoro, con la allegata sentenza 7 gennaio 2009, n. 52, si è nuovamente pronunciata in merito alla contribuzione previdenziale applicabile al contratto part-time nullo per vizio di forma.
Ha riaffermato, in adesione alla sentenza 5 luglio 2004, n. 12269, delle Sezioni Unite, che nel caso in cui tale contratto abbia avuto applicazione malgrado la nullità suddetta, la contribuzione previdenziale da applicare non può essere quella più favorevole prevista dall’art. 5, comma 5 del D.L. n. 726/84, abrogato e ora ricondotto nella disposizione di cui all’art. 9 del D.Lgs n. 61/00, ma quella ordinaria dei lavoratori occupati a tempo pieno.
La fattispecie, rientrante nella disciplina previgente alla riforma del 2000, continua ad avere rilevanza per quei rapporti a tempo parziale conclusi ante riforma stessa. Si ricorda, in proposito, che la vecchia normativa prevedeva l’obbligo della forma scritta ad substantiam per la stipulazione di tale contratto.
L’essenzialità, a pena di nullità, della forma scritta, comporta che per i rapporti conclusi sulla base della previgente disciplina, l’esecuzione di fatto del contratto part-time non può dare luogo all’effetto di riconoscere pienamente sussistente il rapporto a tempo parziale per il periodo in cui il contratto ha avuto esecuzione, ex art. 2126 c.c..
Ne consegue che a tale contratto non si applica la particolare disciplina contributiva prevista per i rapporti a tempo parziale ma soltanto il regime ordinario di contribuzione per i lavoratori occupati a tempo pieno.
Tutto ciò in quanto detta contribuzione deve essere calcolata in rapporto alla retribuzione dovuta, che nel caso di specie è data dal minimale retributivo giornaliero stabilito dalla legge e non dalla retribuzione effettivamente corrisposta in relazione alla quantità della prestazione lavorativa.
Infatti, la disposizione suddetta prevista nel caso del part-time è considerata dall’ordinamento giuridico e dalla giurisprudenza prevalente come avente carattere eccezionale, che non può trovare applicazione fuori dai casi tassativamente previsti e non può essere estesa all’ipotesi di una prestazione di mero fatto.
In base all’art. 9, comma 1 del D.Lgs n. 61/00, si ricorda che la retribuzione minima oraria, da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali, si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale a orario normale il minimale giornaliero di cui all’art. 7 della legge n. 638/83 e dividendo l’importo così ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal c.c.n.l. per i lavoratori a tempo pieno.
L’ammontare contributivo dovuto si ricava, infine, moltiplicando il minimale di cui sopra per il numero di ore effettivamente lavorate a part-time.
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