La Corte di Giustizia CE, con l’allegata sentenza dello scorso 12 febbraio, si è pronunciata in merito alla interpretazione dell’art. 1, n. 1, lettere a) e b) della Direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE – concernente il ravvicinamento della legislazione degli Stati membri relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di impresa, di stabilimenti o di parti di impresa o stabilimenti – che garantisce ai lavoratori sia tutele di tipo individuale che sul piano dei diritti collettivi.
La questione pregiudiziale sottoposta alla Corte dal Landesarbeitsgericht Dusseldorf tedesco riguardava la necessità di conoscere se detta direttiva si potesse applicare anche ad una situazione in cui il nuovo datore di lavoro non conservasse, per la parte di impresa o stabilimento ceduti, la autonomia organizzativa degli stessi.
Al riguardo, la Corte ha innanzitutto ricordato come la finalità della sopra citata Direttiva 2001/23/CE – che è quella di garantire la continuità dei rapporti di lavoro in essere presso una attività economica indipendentemente dal cambiamento del titolare ed a proteggere i lavoratori nell’ipotesi in cui il suddetto cambiamento avesse luogo – va sempre tenuta presente, anche nell’interpretazione della nozione di trasferimento di impresa che ha avuto origine proprio a seguito della giurisprudenza della Corte di Giustizia stessa.
Dopo aver valutato quanto la convenuta sostenere nella causa principale, la Corte è pervenuta ad evidenziare che il ritenere come l’entità economica di cui al richiamato art. 1, n. 1, lett. b), mantenga la propria identità solo se venga conservato il nesso organizzativo che tiene unito il complesso delle persone e/o degli elementi che ne fanno parte, equivarrebbe ad affermare che la medesima perderebbe invece la propria identità se, a seguito di cessione, le risorse che vengono acquisite venissero integrate dal cessionario in una struttura completamente nuova. Ma una tale interpretazione, a giudizio della Corte, darebbe luogo per i lavoratori interessati ad una perdita della tutela prevista dalla direttiva di che trattasi e ciò non risulterebbe neppure legittimo alla luce del richiamato obiettivo della stessa.
Nel merito, la Corte fa presente che anche se nel passato la stessa ha affermato che l’elemento relativo alla organizzazione non può che concorrere a definire una entità economica, in altre sentenze si è pronunciata nel senso che una modifica della struttura organizzativa della entità ceduta non è tale da impedire la applicazione della più volte richiamata Direttiva 2001/23.
Alla luce di quanto sopra, secondo la Corte il mantenimento della identità economica deve essere interpretato nel senso che esso presuppone la conservazione del nesso funzionale di interdipendenza e complementarietà tra i fattori della produzione trasferiti. Infatti, il mantenimento di tale nesso consente al cessionario di utilizzarli successivamente all’avvenuto trasferimento anche dopo averli integrati nell’ambito di una diversa struttura organizzativa allo scopo di proseguire in una attività economica identica o analoga.
Per i suddetti motivi, la Corte perviene alla conclusione che: “l’art. 1, n. 1, lett. a) e b), della Direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE, deve essere interpretato nel senso che quest’ultima può essere applicata anche in una situazione in cui la parte di impresa o di stabilimento ceduta non conserva la sua autonomia dal punto di vista organizzativo, a condizione che il nesso funzionale tra i differenti fattori di produzione trasferiti venga mantenuto e consenta al cessionario di utilizzare questi ultimi al fine di proseguire un’attività economica identica o analoga.”
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