Il contratto di inserimento richiede sia la forma scritta sia una specifica indicazione del piano individuale di adattamento, finalizzato a garantire l’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore assunto.
Nel caso in cui non venga consegnato alcun piano di adattamento, il contratto in parola deve essere qualificato come a tempo indeterminato.
Quanto sopra è stato affermato dal Tribunale di Milano, Sezione lavoro, con la sentenza n. 2233, depositata lo scorso 10 luglio.
L’intervento del giudice di Milano è stato sollecitato da un operaio assunto, per mansioni di addetto alle pulizie, con un contratto di inserimento ai sensi della disciplina contrattuale applicabile.
Successivamente, il rapporto di lavoro veniva prorogato per essere poi definitivamente risolto alla scadenza della proroga stessa.
A motivo del fatto di non avere ricevuto alcun piano di adattamento all’atto della assunzione, nonché di non avere usufruito di alcuna formazione, il lavoratore ricorreva al giudice per far dichiarare l’illegittimità e/o nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ovvero della successiva proroga, e per fare accertare che tra le parti intercorresse un normale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Il settore delle imprese di pulizia, già prima dell’entrata in vigore della riforma Biagi, aveva previsto una disciplina sul contratto di inserimento. Ciò, a quanto pare, deve avere indotto in equivoco il datore di lavoro, il quale aveva effettuato l’assunzione in data 9 giugno 2004 richiamando esclusivamente il D.Lgs. n. 368/01 e il contratto collettivo per le imprese di pulizia, ma ignorando completamente la nuova previsione normativa ex decreto n. 276 e l’accordo interconfederale in materia che, invece, dall’11 febbraio 2004 dovevano intendersi pienamente operativi.
Infatti, precisa il Tribunale di Milano, la disciplina contrattuale di settore deve intendersi superata alla data della assunzione dell’operaio di che trattasi, sia a opera della norma di legge e sia di quella interconfederale, essendo già da alcuni mesi intervenuta una diversa configurazione giuridica del contratto di inserimento.
Pertanto, il Tribunale condanna il comportamento del datore di lavoro che, nel caso di specie, disattendendo le nuove normative, non aveva consegnato al ricorrente alcun piano di adattamento.
Viene altrettanto censurato il fatto che il lavoratore non abbia partecipato ad alcun programma formativo.
In conclusione, la sentenza n. 2233 in esame dispone che tra le parti è stato stipulato un “contratto di inserimento”, ma poiché alla data di stipulazione di tale contratto lo stesso non poteva non essere disciplinato dal più volte citato D.Lgs. n. 276/03 e successivo accordo interconfederale, il medesimo deve essere convertito in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dall’origine, per mancanza dei requisiti sostanziali richiesti dalla normativa di legge.
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