La Commissione bicamerale per gli Affari regionali nella seduta del 13 ottobre u.s., ha approvato il Documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al “sistema delle conferenze”.
Il testo si compone di 5 parti relative: all’assetto attuale del sistema delle conferenze; alla riforma costituzionale in itinere ed il raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali; alle proposte di riordino dell’assetto attuale; a profili di diritto comparato; alle conclusioni elaborate dalla Commissione in base alle risultanze dell’indagine.
A questo ultimo riguardo, nelle conclusioni viene anzitutto evidenziato che l’indagine conoscitiva si è conclusa in un momento un momento istituzionale particolarmente delicato, essendo prossimo lo svolgimento del referendum confermativo della riforma costituzionale approvata dalle Camere. Si profilano quindi due possibili scenari, molto diversi: il primo, a Costituzione vigente, in caso di esito non confermativo del referendum; il secondo, a Costituzione modificata, che seguirebbe all’esito confermativo dello stesso.
Al riguardo, vengono quindi tracciate le ipotesi di riordino del sistema di raccordo tra Stato e autonomie:
Prospettive a Costituzione vigente
Viene sottolineato come l’assetto dei rapporti tra Stato e Regioni successivo alla riforma costituzionale del 2001 risulta caratterizzato da un quadro ancora incerto di riparto delle competenze, nonché da frequenti sovrapposizioni di funzioni tra livello centrale, regionale e locale e da una forte conflittualità tra Stato ed autonomie. In proposito, la legge costituzionale n. 3 del 2001 individuava, all’articolo 11, uno strumento volto a garantire alle autonomie territoriali la partecipazione al procedimento legislativo, attraverso l’integrazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali con rappresentanti di Regioni, Province autonome ed enti locali e con l’attribuzione di un valore rinforzato ai pareri resi dalla medesima Commissione su disegni di leggi concernenti materie incidenti su competenze regionali o sull’autonomia finanziaria regionale o locale. Nel corso dell’indagine è stata più volte ricordata la mancata integrazione della Commissione come una delle cause che hanno contribuito all’insorgere dell’elevato contenzioso.
Una modifica dei regolamenti parlamentari volta a dare attuazione all’articolo 11 suddetto potrebbe dunque costituire uno strumento per assicurare « a monte », nell’ambito del procedimento legislativo, il rispetto del quadro delle competenze delineato dal titolo V della Costituzione (rispetto che attualmente è rimesso esclusivamente alle sentenze della Corte costituzionale, che possono intervenire solo ex post e a distanza di lungo tempo dall’approvazione della legge).
La Commissione per le questioni regionali integrata potrebbe quindi divenire il punto di riferimento per valorizzare il rapporto tra conferenze e Parlamento. Tramite questo collegamento il Parlamento potrebbe fruire dell’ampio lavoro istruttorio svolto in quelle sedi sul piano legislativo e conoscere la posizione delle autonomie territoriali nel corso dell’iter parlamentare dei provvedimenti.
Viene, altresì, individuato quale secondo intervento necessario la razionalizzazione del sistema delle conferenze, mai adeguato alla riforma del titolo V. In proposito vengono menzionate le proposte di semplificazione già avanzate nel corso degli anni, con la riduzione delle tre attuali conferenze intergovernative a due (corrispondenti alla Conferenza Stato-Regioni e alla Conferenza unificata) o, come previsto anche dai più recenti disegni di legge di riforma del sistema, con l’istituzione di una Conferenza unica, articolata in una sede plenaria e in due distinte sezioni (regionale e locale).
Viene, inoltre, auspicata una maggiore bilateralità nell’ambito delle conferenze, attenuando la posizione di supremazia del Governo, con la previsione di forme di rotazione nella Presidenza o di una co-Presidenza ed assicurando una maggiore partecipazione degli enti territoriali alla formazione dell’ordine del giorno.
Ulteriori ambiti di miglioramento evidenziati riguardano: la necessità di introdurre forme di trasparenza e di pubblicità degli atti e delle sedute delle conferenze e di una maggiore procedimentalizzazione degli atti, al fine di rispondere alle esigenze di razionalizzazione e velocizzazione. A titolo esemplificativo, gli atti di natura più squisitamente tecnica potrebbero essere esaminati adottando iter specifici semplificati.
Ultimo rilievo espresso dalla Commissione attiene, infine, all’assenza di una vera sede politica in cui il Governo nazionale e gli Esecutivi territoriali si confrontino sulle grandi scelte strategiche per il Paese. Al riguardo, viene ricordata una proposta concernente l’istituzione di una Conferenza degli esecutivi, composta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, che si riunisca una o due volte l’anno per delineare un’agenda politica condivisa tra Governo centrale e territori.
Prospettive a Costituzione modificata
Viene sottolineato, in premessa, che “la mancata trasformazione del Senato in una Camera delle Regioni è sempre stata considerata l’elemento mancante della riforma del 2001, cui non ha fatto seguito un adeguamento dei procedimenti legislativi, neanche nella forma dell’integrazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali che avrebbe consentito una chiara emersione già in sede parlamentare del punto di vista delle autonomie territoriali”.
Viene, altresì, rilevato che riparto di competenze legislative delineato dall’articolo 117 Cost. ha ben presto dimostrato la sua insufficienza nella composizione degli interessi nazionali, regionali e locali, anche a causa della mancata attuazione dell’autonomia finanziaria – anche nell’ambito dei decreti attuativi della legge delega sul federalismo fiscale – che l’articolo 119 riconosce sulla carta agli enti territoriali. Di conseguenza è stata la Corte costituzionale a dover risolvere i continui conflitti tra Stato e Regioni e la Corte stessa ha più volte ricordato nelle sue sentenze alla « perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari » che garantisca, già a livello di procedimento legislativo, la partecipazione dei livelli di governo coinvolti.
La configurazione del nuovo Senato quale organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali costituisce dunque un’occasione per porre fine alla stagione del conflitto ed aprire una nuova fase dei rapporti tra Stato ed autonomie territoriali. Sul tema la Commissione evidenzia come, attualmente, non è dato conoscere la fisionomia del nuovo Senato, composto da consiglieri regionali e da sindaci, né quali saranno le modalità della sua organizzazione e le procedure per il suo funzionamento, mancando ancora i alcuni tasselli fondamentali, rappresentati, in primis, dalla legge elettorale ed il nuovo regolamento del Senato. Dall’indagine conoscitiva è però emersa l’idea che la funzione di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica costituisce la funzione fondamentale del Senato, connaturata alla struttura stessa dell’organo e rappresenta la vera e propria core mission della nuova istituzione.
Ad avviso della Commissione, il nuovo Senato adempirà alla sua missione “quanto più riuscirà a divenire sede di composizione degli interessi nazionali e dei territori, nell’ottica di leale collaborazione che costituisce principio fondativo dei rapporti tra Stato ed autonomie”.
Tale funzione di raccordo è stata fino ad ora in massima parte affidata al sistema delle conferenze, che ha svolto un ruolo di supplenza all’assenza di una sede parlamentare di confronto e mediazione tra centro ed autonomie. Su tale punto, la Commissione ribadisce che, come emerso nel corso dell’indagine, il sistema della conferenze non può ritenersi superato dalla riforma costituzionale. La molteplicità di funzioni svolte fa
sì che molti compiti delle attuali conferenze, soprattutto quelli meramente amministrativi e tecnici, non possano essere trasferiti al nuovo Senato. Nello specifico, non potrebbero essere trasferite ad un ramo del Parlamento quale è il Senato, procedure di carattere negoziale che tipicamente sfociano nelle intese o negli accordi.
Il sistema delle conferenze non può dunque essere soppresso ma dovrà essere ampiamente rivisitato per essere adattato al nuovo sistema di bicameralismo differenziato, ripensandone il ruolo, la missione ed il concreto funzionamento, in considerazione del trasferimento nella sede parlamentare della mediazione politico- istituzionale ad oggi assegnata alle conferenze. Inoltre, sull’esercizio delle funzioni di raccordo incideranno in maniera significativa le modifiche apportate dalla riforma costituzionale al titolo V, che segnano nel loro complesso un riaccentramento delle competenze.
La Commissione evidenzia quindi che dall’indagine conoscitiva sono emersi diversi spunti che inducono a puntare su una sinergia tra il nuovo Senato e le conferenze. Al riguardo vengono quindi prospettate diverse soluzioni che possono anche operare congiuntamente. In primo luogo, potrebbe essere riconosciuta in Senato la presenza degli esecutivi regionali, prevedendo la partecipazione, oltre che del rappresentante del Governo nazionale anche di un rappresentante dei Governi regionali, espresso dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (e dunque dalla conferenza orizzontale). Appare inoltre condivisibile l’idea di una istituzionalizzazione dei rapporti tra Senato e conferenze, da realizzare anche, nella sua forma più compiuta, con l’incardinamento delle stesse presso il Senato. Attraverso tale rapporto diretto, si assicurerebbe la formazione di un orientamento comune del Senato e delle conferenze, evitando l’assunzione di posizioni contrastanti. Tale istituzionalizzazione dei rapporti dovrebbe riguardare, con forme e modalità differenziate, tanto le conferenze intergovernative quanto le conferenze orizzontali. Tale intervento richiederebbe, per le conferenze intergovernative, l’adeguamento – che dovrebbe avvenire con legge ad approvazione monocamerale – della legislazione in materia, al fine di operare una razionalizzazione delle stesse ed il superamento del loro incardinamento presso la Presidenza del Consiglio.
Mentre la disciplina dei rapporti tra il nuovo Senato e le conferenze spetterà al Regolamento del Senato.
Al riguardo, viene rilevato, tra l’altro, che, se appare opportuno valorizzare il rapporto anche con le conferenze orizzontali, più problematico appare il riconoscimento nel Senato delle posizioni degli enti locali, per i quali si riscontra un problema di rappresentatività. Sul tema vengono ipotizzate diverse soluzioni: considerare come punto di riferimento la componente rappresentativa degli enti locali in seno alla Conferenza unificata (riformata), riconoscere un ruolo alle associazioni rappresentative degli stessi, ovvero valorizzare la posizione dei 21 senatori-sindaci, che potrebbero farsi congiuntamente portatori degli interessi degli enti locali medesimi.
Di seguito il link alle ultime audizioni svolte nell’ambito dell’indagine, tra cui, in particolare, quella del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Enrico Costa, il 21 luglio 2016